L’inchiesta del quotidiano romando Le Temps sugli abusi alla Rts ha scoperchiato il vaso di Pandora sulla questione molestie sessuali, mobbing, bossing e abusi sul posto di lavoro. Le reazioni di condanna a questi atti da parte della Ssr non si sono fatte attendere, Ssr che assicura di voler fare chiarezza al suo interno. Pure alla Rsi il sindacato svizzero dei media (Ssm) si è subito mosso per permettere al personale di segnalare, anche in forma anonima, eventuali casi di questo tipo. Fino ad ora le segnalazioni ricevute sono quasi una quarantina.

 

I casi di molestie sessuali e mobbing avvenuti alla Rts, sono diventati di dominio pubblico dopo anni di silenzio, grazie a un’inchiesta pubblicata sulle pagine del quotidiano romando Le Temps il 31 ottobre scorso, nelle quali venivano raccontati casi gravi di molestie psicologiche e sessuali da parte di alcuni dirigenti e del giornalista icona del Tg romando, Darius Rochebin, ai danni di dipendenti e stagisti (donne e uomini) dal 2005 ad oggi. La situazione era quella classica: tutti (o tanti) sapevano, ma nessuno osava parlare per paura di ritorsioni o perché coscienti che tanto a nulla sarebbe servito denunciare uno degli “intoccabili”. Scoperchiato il vaso delle molestie in casa romanda, la reazione della Ssr è stata immediata, con la condanna degli atti e la dichiarazione di voler far chiarezza al suo interno, quindi anche alla Rsi.

 

Quello delle molestie sul posto di lavoro è un fenomeno purtroppo diffuso, era perciò piuttosto prevedibile che coinvolgesse anche la Rsi, come in effetti dimostrano le 38 segnalazioni ricevute dal sindacato Ssm. Se inizialmente parlando con alcuni dipendenti la reazione è di stupore, approfondendo il discorso emerge invece che situazioni in cui l’ambiente di lavoro è guastato da personalità poco rispettose verso colleghi e subalterni non sono una rarità: «C’è un clima tremendo in alcune redazioni, c’è chi fa il padre padrone e per motivi personali o di antipatia rende la vita difficile a questo o quell’altro», ci dice qualcuno. «Di casi di molestie sessuali non ne ho sentiti personalmente, ma trovo che spesso ci sia una mancanza di rispetto nei confronti di colleghi e subalterni, quindi sì, queste cose sapevo che ci sono», prosegue la nostra interlocutrice, che dice di essersi sentita spesso a disagio per situazioni di questo tipo.

 

Un dipendente di lunga data conferma che a volte il clima non è dei più sereni, anche se a suo parere «l’atteggiamento di un superiore può essere percepito e vissuto in modo diverso da una persona all’altra. A me è capitato di avere a che fare con chi aveva modi piuttosto bruschi e scontrosi, ma non li ho vissuti male, mentre ho saputo che altri ne sono usciti psicologicamente devastati, e questo non va bene. Se ne avessimo discusso a suo tempo, magari avremmo trovato il modo di sostenere e difendere queste persone, perciò ritengo sia importante parlarne».

 

Il fatto che ci siano state queste segnalazioni e che ci sia la volontà da parte della direzione di fare chiarezza e di sanzionare i comportamenti inadeguati, fa ben sperare: «Finalmente ora queste cose vengono alla luce e se ne parla, così magari questi personaggi che tutto pensano di potere si daranno un attimino una calmata». Questa è la percezione di chi alla Rsi ci lavora, ma che tipo di segnalazioni ha ricevuto Ssm? «Abbiamo ricevuto tre tipologie di segnalazioni: ci sono casi di persone che hanno vissuto in prima persona la situazione, ci sono persone che hanno assistito come testimoni e anche delle denunce anonime, ma per ora si tratta solo di segnalazioni, che andranno verificate», spiega Rolando Lepori, segretario Ssm.

 

Qual è la procedura una volta ricevute le segnalazioni? «Noi raccogliamo i dati, se c’è la volontà da parte di chi segnala di essere richiamato, richiamo per sentire la storia, ascolto, accolgo il disagio che la persona ha bisogno di buttar fuori, e mi faccio un’idea di che tipo di segnalazione si tratta (mobbing, bossing o piuttosto molestie sessuali o verbali) e se ritengo si tratti di un caso, chiedo l’autorizzazione alla persona per andare avanti e segnalarlo nella forma dovuta», prosegue Lepori, che precisa però che il sindacato non fa un’indagine di dettaglio o un’istanza in giustizia perché al momento sta negoziando un accordo con la direzione per far sì che questi casi vengano trattati da un organo esterno alla Rsi. Quindi, quando ci sarà l’accordo, tutti i casi e i dati verranno passati all’organo esterno, che farà l’inchiesta. «Quello che assolutamente chiediamo come sindacato è che l’anonimato sia garantito: non passeremo mai questi dati alla direzione in nessun momento, queste persone dovranno assolutamente essere tutelate».

 

Fino ad ora invece, questo anonimato non poteva essere garantito perché la procedura ancora in vigore (fino alla stipulazione dell’accordo tra Ssm e direzione) prevede una prima verifica interna, il successivo passaggio a una mediazione, se non si riesce a trovare una soluzione, e solo dopo il fallimento di queste due tappe, il ricorso ad un ente esterno. Quello che cambierà con l’accordo è l’automatismo dell’esternalizzazione dei casi e delle inchieste e la garanzia anche nei confronti della Rsi dell’anonimato della persona che denuncia. Qual è la tempistica per arrivare alla firma dell’accordo? Secondo Lepori è questione di poche settimane: «Le basi le abbiamo, dobbiamo definire ancora qualche dettaglio e poi dovremo di comune accordo trovare l’ente esterno, che non può essere imposto da nessuna delle due parti».

Pubblicato il 

07.12.20
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