Giustizia fiscale

Oggi, giovedì primo dicembre 2022, il Consiglio nazionale si chinerà sulla modifica costituzionale sull’imposizione speciale dei grandi gruppi di imprese. In accordo con l’Organizzazione della cooperazione e lo sviluppo (Ocse) il tasso d’imposizione delle multinazionali con una cifra d’affari di almeno 750 milioni di euro all’anno verrà fissato al 15%. In questo contesto, ecco che il Consiglio federale propone una nuova scappatoia fiscale: l’imposta sul tonnellaggio applicabile alle navi. A beneficiarne sarebbero una categoria di imprese – gli armatori e i grandi commercianti di materie prime – che di questi aiuti non hanno certo bisogno. Ecco perché.

 

Suona strano per un Paese alpino e senza accesso diretto al mare. Eppure la Svizzera è una grande potenza marittima. Tra i Cantoni di Ginevra, Vaud e Ticino hanno infatti sede molti giganti mondiali del trasporto via nave. In totale sono una sessantina di aziende, capeggiate dalla Mediterranean Shipping Company (Msc), il più grande armatore del mondo con sede a Ginevra. Le società elvetiche controllano circa 900 navi per una capacità di trasporto di più di 56 milioni di tonnellate. Ciò che nella classifica internazionale guidata da Grecia, Singapore e Cina, pone la Svizzera al nono posto.

 

Tasse dimezzate

 

È per sostenere questo settore, discreto quanto strategico, che il Consiglio federale vuole introdurre l’imposta sul tonnellaggio. Il progetto verrà dibattuto al Consiglio nazionale il prossimo 13 dicembre. Di che si tratta? Come si spiega nel messaggio promosso dal Governo, questa nuova tassa rappresenta un «metodo alternativo per determinare l’imposta sull’utile». In sostanza l’imposizione fiscale non verrà più calcolata sulla base dell’utile (o della perdita) conseguito da un’impresa, bensì sulla base della capacità di carico delle navi. Questa nuova tassa, rivolta agli armatori con sede in Svizzera, non è obbligatoria: le società che possiedono navi saranno libere di scegliere di sottostare o meno al nuovo sistema.

 

Difficile, però, immaginare che non scelgano questa nuova possibilità qualora venisse approvata dal Parlamento. Nel loro libro sulle compagnie di navigazione in Svizzera, l’esperto di diritto e di lotta alla corruzione Mark Pieth e l'avvocata e docente Kathrin Betz stimano che l’introduzione della tassa sul tonnellaggio si tradurrebbe in un tasso effettivo d’imposizione sugli utili pari mediamente al 7%. Certo, si tratta di una stima. Ma il principio è chiaro: abbassare le imposte ad un settore “toccato” dalla fine degli statuti fiscali speciali, aboliti nel 2019 con la Riforma fiscale e finanziamento dell’Avs.

 

Con la nuova tassa, le imprese che dispongono di una flotta navale pagherebbero insomma all’incirca la metà di quel 15% d'imposta minima sull'utile dei grandi gruppi d’impresa su cui oggi, giovedì primo dicembre 2022, si china il Consiglio nazionale. E questo senza violare le norme fiscali internazionali: la tassa sul tonnellaggio è compatibile con le esigenze dell’Ocse ed è già in vigore in diversi Paesi europei.

 

Un settore col vento in poppa

 

Per la Svizzera le conseguenze finanziarie della riforma sono incerte. Nel messaggio governativo si indica che «risulta difficile formulare una stima delle ripercussioni finanziarie nel caso di un’introduzione dell’imposta sul tonnellaggio». Quello che è certo è che va a vantaggio di un settore di nicchia – discreto, opaco e fortemente inquinante – ma con il vento in poppa.

 

Basta guardare quanto successo alla Msc, un impero che oggi conta circa 700 portacontainer, decine di terminal portuali, traghetti, una ventina di navi da crociera e che impiega circa 150.000 persone. In una recente inchiesta de Le Matin Dimanche, uno specialista stima che tra il giugno 2021 e il giugno 2022 la società avrebbe incassato utili pari a 26,6 miliardi di dollari. L'enorme crescita di Msc, trainata in parte dai prezzi record dei trasporti marittimi e ai boom dei container, ha reso la famiglia italo-svizzera degli Aponte una delle più ricche al mondo, secondo la rivista Forbes. In Svizzera quest’anno gli Aponte si situano al quinto posto, secondo la tradizionale classifica di Bilan.

 

In Ticino, la società più importante è la Nova Marina Carriers, una joint-venture tra gli armatori napoletani dei Romeo e la Duferco di Bruno Bolfo. Quest’ultimo è entrato quest’anno nella classifica dei 300 più ricchi di Svizzera. Un altro esempio per dire chi fa affari in questo settore non naviga certo in acque tempestose dal punto di vista finanziario.

 

Vantaggi anche per i commercianti di materie prime

 

Secondo le associazioni di categoria, il settore del trasporto marittimo impiega circa 2000 persone in Svizzera e genera circa lo 0,4% del Prodotto interno lordo (Pil). Come sottolinea il messaggio del Consiglio federale, il settore ha stretti legami con il commercio di materie prime, di cui la Svizzera è uno dei centri mondiali.

 

Ecco che la nuova tassa beneficerà anche a questo settore, come ci spiega David Mühlemann dell’Ong Public Eye: « I grandi commercianti di petrolio e altre materie prime come Glencore, Vitol o Gunvor possiedono delle navi e gestiscono attività di trasporto tramite delle divisioni shipping. Ecco che questa parte di attività potrà essere sottoposta all’imposta sul tonnellaggio permettendo a questi giganti delle possibili scappatoie fiscali. Ad esempio un commerciante di materie prime potrebbe accordare alla propria società di navigazione all’interno del gruppo tariffe di trasporto eccessivamente rincarate e trasferire lì degli utili».

 

L’imposta sul tonnellaggio sarebbe quindi un’agevolazione fiscale per il settore che, più di tutti, ha beneficiato della guerra e della crisi energetica. Basti pensare che la Glencore ha realizzato nei primi sei mesi del 2022 un utile record di 12 miliardi di dollari. Gli utili netti semestrali di Gunvor sono aumentati di 628 milioni di dollari rispetto ai 213 milioni di dollari registrati nel primo semestre 2021 e hanno superato il totale annuale di 726 milioni di dollari dello scorso anno. Stesso discorso per Vitol che ha realizzato più profitti nel primo semestre di quest'anno (4,5 miliardi di dollari) che nell'intero anno precedente (4,2 miliardi).

 

 

Bandiere di convenienza

 

Quando gli Stati europei hanno introdotto la loro tassa sul tonnellaggio lo hanno fatto per limitare il fenomeno che vede le compagnie marittime scegliere delle “bandiere di convenienza” per le loro navi. Tra le imbarcazioni commerciali che solcano gli oceani molte battono infatti bandiera di Stati quali Panama, Isole Marshall o Liberia. La scelta è sia fiscale sia dettata dal fatto che sulle navi valgono le normative ambientali e del diritto del lavoro in vigore nello Stato per cui si batte bandiera.

 

In buona parte dei Paesi europei, per beneficiare dei vantaggi della tassa di tonnellaggio occorre quindi che il 60% della flotta abbia bandiera europea. Inizialmente, il Consiglio federale voleva andare in questa direzione, con il 60% della flotta che avrebbe dovuto battere bandiera elvetica o di Stati membri dell’Ue. Poi ha cambiato idea, additando possibili violazioni delle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio.

 

In realtà, questo limite non è piaciuto alle associazioni di lobbying come la Swiss Trading & Shipping Association e la Swiss Shipowners Association: «Le disposizioni relative al collegamento con una bandiera svizzera o europea non sono accettabili» si legge nella loro presa di posizione alla consultazione. La gran parte della flotta elvetica infatti solca i mari sventolando bandiere esotiche. Nel suo messaggio, il Consiglio federale è quindi ritornato sui suoi passi. Il cosiddetto requisito di bandiera è stato abbandonato. Ciò che per David Mühlemann è un problema: «In questo modo gli armatori possono continuare a delocalizzare le proprie navi verso i cosiddetti Paesi di bandiera di convenienza. In questo modo le imbarcazioni non saranno sottoposte ad un controllo serio delle condizioni di lavoro e di rispetto dell’ambiente».

 

Così facendo la Svizzera rafforzerà il proprio statuto di potenza marittima rispetto ai vicini europei dove standard e controlli sono molto più elevati. Questo progetto – discutibile anche sul piano della costituzionalità, come indicato dall’Ufficio federale di giustizia – sembra avere la strada spianata. Difficile immaginare che la maggioranza di destra non colga l’occasione per questa nuova scappatoia fiscale. Si chiamerà tassa sul tonnellaggio, ma di fatto è un sussidio per i miliardari.

Pubblicato il 

01.12.22
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