"Si confermano i nostri dubbi"

C'erano già state alcune settimane fa delle fughe di notizie sull'Azienda elettrica ticinese (Aet), dapprima sul Mattino, poi alla Tsi. Erano rivelazioni sulla passata gestione dell'Aet, quella del binomio Paolo Rossi (direttore) e Mauro Dell'Ambrogio (presidente del Cda), congedato con la mancata rielezione di Marina Masoni in governo. Poi, lo scorso week end, ecco un nuovo affondo del Mattino, che ha pubblicato alcuni degli elementi emersi dal rapporto intermedio consegnato dalla società di revisione e consulenza Kpmg ai membri della Commissione per il controllo del mandato pubblico dell'Aet. La talpa, autodichiaratasi, è il leghista Rodolfo Pantani. E martedì nuove rivelazioni su laRegione. Il quadro emerso a proposito della vecchia gestione di Aet è preoccupante: assenza di regole sull'organizzazione dell'azienda, sui compiti degli organi e sulla gestione dei conflitti d'interessi, scarsa o nulla diligenza nella selezione dei partner e sviluppo economico inferiore alla media di aziende paragonabili. Come giudica il presidente della Commissione di controllo Werner Carobbio (Ps) il quadro generale di Aet e il comportamento del commissario Pantani? Glielo abbiamo chiesto.


Werner Carobbio, qual è la sua valutazione personale di quanto finora emerso del rapporto intermedio della Kpmg su Aet?

Occorre cautela. Intanto si sta discutendo sulla base di un rapporto intermedio. Il rapporto definitivo sarà pronto fra due mesi. In secondo luogo né l'ex direttore Paolo Rossi e né l'ex presidente del Cda Mauro Dell'Ambrogio sono stati sentiti. È quindi prematuro tirare adesso delle conclusioni. Già in novembre l'Aet ci aveva informato che intendeva chiedere un rapporto sui rischi soprattutto nelle partecipazioni all'estero. Questo rapporto avrebbe dovuto servire a definire le nuove strategie dell'Aet, giustificando la rinuncia da parte della nuova direzione ad operazioni di carattere "finanziario" per puntare su operazioni di carattere produttivo. Personalmente ho trovato le prime indicazioni emerse abbastanza preoccupanti.
Ma tutto sommato non sono sorprendenti.
Esse confermano dubbi ed interrogativi che Graziano Pestoni ed io avevamo già sollevato in passato nell'ambito dell'esame dei conti dell'Aet. Dubbi che portarono all'istituzione della Commissione di controllo, una commissione istituita con il vincolo del segreto da parte dei membri proprio per permettere all'Aet di essere trasparente.
Il presidente del Cda di Aet Fausto Leidi però si sente tradito per la fuga di notizie: ha annunciato che Aet non dirà più nulla alla commissione.
Poi gli ho parlato. È stata la sua prima reazione. Ora ha precisato che non dirà più nulla fin quando Pantani siederà nella Commissione. Lo capisco. Devo dire che la nuova direzione è stata finora sempre trasparente: ci ha dato tutte le informazioni, sia preventivamente che quando l'abbiamo sollecitata.
Da presidente come valuta quanto fatto dal commissario Pantani?
Trovo grave l'atteggiamento di Pantani e l'avevo reso attento alle conseguenze. Pantani ha chiaramente violato un disposto di legge, l'art. 5a cpv. 5 della Legge sull'Aet, che impone il segreto ai membri della Commissione. Chi è in commissione lo sa: o lo accetta, oppure non ci entra. Mi ero rivolto anche a Norman Gobbi, presidente del Gran Consiglio, pregandolo di intervenire presso i suoi colleghi di partito. Ora lui stesso dichiara che questa violazione del segreto è grave. Noi non possiamo prendere sanzioni, ma abbiamo segnalato l'accaduto all'Ufficio presidenziale, rendendolo attento del fatto che ora la presenza in Commissione di Pantani ne pregiudica il funzionamento.
Pantani si è appellato a fatti di rilevanza penale.
Il rapporto per ora non permette di arrivare a conclusioni certe. Ma qualche dubbio l'ho anch'io. La storia del conflitto d'interessi è grave, io l'avevo sollevata in passato ma mancavano le prove, ora queste sembrano esserci. E altrettanto preoccupante è la firma di Rossi apposta sia per l'Aet che per la controparte. Ma ci si può anche chiedere che cosa facevano il Consiglio d'amministrazione e il Consiglio di Stato come proprietario, a fronte tra l'altro di preoccupate segnalazioni giunte più volte in passato anche dalla Commissione energia. La mia impressione è che ai tempi di Marina Masoni alla testa del Dfe Paolo Rossi avesse carta bianca.
Questa è l'ennesima conferma di come venivano gestiti gli affari all'epoca di Masoni alla testa del Dfe?
Questo è il vero problema politico. L'Aet ha potuto fare tutta una serie di operazioni senza doversi attenere ad un rigoroso rispetto di forme e procedure. Ora si viene a sapere che non c'è nemmeno un regolamento del Cda che regola i processi decisionali.
Leidi sostiene che questo è successo perché il mercato elettrico era in forte e rapida trasformazione e l'Aet su quello s'è dovuta concentrare.
È la sua spiegazione, sta a vedere se è l'unica o se ce ne sono altre. Cosa che avremmo voluto approfondire noi. E avremmo pure dovuto accertare se sia stato violato il mandato pubblico dell'Aet. Vista la delicatezza della cosa però non si può improvvisare come fa la Lega.
La Lega ha un obiettivo particolare?
La mia idea, difficile da verificare e dunque da prendere con tutte le cautele del caso, è che dietro ci sia ancora la vecchia ruggine fra Aet e Ail sull'acquisto del pacchetto di azioni Atel. Quello della Lega è un comportamento strano. Anche perché nel Cda di Aet c'è stato per lungo tempo Marco Borradori e perché la Lega nel Cda ha tre membri su 11. Cos'hanno fatto? Non basta rivendicare dei posti. Io non sono contrario ad andare fino in fondo, a perseguire e se del caso a sanzionare. È un problema che anche il Consiglio di Stato dovrà porsi.
Uno dei nodi del problema è il Cda: o è distratto oppure è incompetente.
Credo che Rossi abbia approfittato della situazione, facendo passare tutte le decisioni che voleva. Dalla sua per diversi anni aveva utili importanti. Tutto andava bene per cui nessuno se la sentiva di creargli problemi. Sono per la riduzione dei membri del Cda da 11 a 7. Meglio avere un Cda ridotto ma con persone competenti.
È anche emerso che negli ultimi anni l'Aet ha avuto uno sviluppo economicamente inferiore alla media: dal punto di vista del cittadino però, che si aspetta un buon livello delle prestazioni nell'ambito del servizio pubblico, questo può anche essere irrilevante.
È vero, da un lato al cittadino interessa che sia garantito un approvvigionamento energetico sicuro. D'altro canto l'Aet fa notare che è tenuta a fornire energia a tariffe non di mercato soprattutto a grandi stabilimenti industriali, ciò che in parte spiega una minor redditività dell'azienda. C'è però anche da chiedersi fino a che punto l'Aet con tariffe preferenziali debba fare promovimento economico: non sarebbe meglio che generasse utili da devolvere al Cantone, il quale è competente per il promovimento economico?
L'Aet ha già annunciato delle misure per migliorare l'efficienza, la trasparenza e il controllo interno. Che ne pensa?
Per ora si tratta di un primo pacchetto di misure come la tenuta di un registro delle decisioni o la creazione di un archivio dei documenti: sono misure minime ma senz'altro condivisibili. Bisognerà vedere se e quali misure più incisive verranno adottate. Anche per questo l'atteggiamento di Pantani è grave. Bisogna dare atto alla nuova direzione che sta mettendo ordine, era quindi giusto e responsabile mantenere un rapporto di fiducia con i vertici dell'Aet per condurre in porto l'operazione.
Leidi dice che l'Aet non è allo sbando e che è un'azienda solida.
Dal punto di vista finanziario i dati che abbiamo lo confermano. Nell'ambito della liberalizzazione però si pone un grosso problema politico, quello delle riversioni. Si tratta di sapere in che misura sia importante dare all'Aet lo sfruttamento di tutte le acque del Cantone per rafforzarne la posizione sul mercato. Lo scontro non è da poco, lo dimostrano le resistenze in particolare del Ppd alla riversione della Calcaccia. E in prospettiva ci sarà la riversione della Verzasca, che oggi è delle Ail.

Pubblicato il

04.07.2008 02:00
Gianfranco Helbling
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