Si decide il futuro della posta

Una posta per tutti? Sì alla posta? Un’idea che coglie il favore di molti ma anche l’irritazione di altri. Fra questi ultimi l’attuale direttore esecutivo del gigante giallo che non nasconde la sua antipatia per l’iniziativa lanciata dal Sindacato della comunicazione (Syndicom), dall’Unione sindacale svizzera e da associazioni di difesa dei consumatori. Un’iniziativa che ha raccolto in pochissimo tempo 106 mila firme e che sarà, tra gli altri oggetti in votazione (maternità e naturalizzazione), al vaglio del popolo il prossimo 26 settembre. È possibile coniugare la logica di un’impresa privata e affidarle allo stesso tempo un mandato di servizio pubblico? O ancora, è vero che La Posta intende chiudere altri uffici postali e sostituirli con un numero imprecisato di “punti di accesso alla rete” quali chioschi o lavanderie? Domande che abbiamo girato ai diretti interessati. Da una parte Christian Levrat, presidente del Syndicom e promotore di “Posta per tutti” e dall’altra – agli antipodi – il direttore de La Posta, Ulrich Gygi. Christian Levrat è nato a Vuadens (Fr) il 7 luglio 1970. Di formazione giurista si è specializzato anche in scienze politiche. Attualmente ricopre la carica di presidente del Sindacato della Comunicazione ed è responsabile di Amnesty International per la regione della Gruyère. È inoltre membro del comitato direttore dell’Unione sindacale Svizzera. Dal 1997 al 2000 è stato a capo del servizio giuridico dell’Organizzazione svizzera per l’aiuto ai rifugiati. Christian Levrat quali sono i vantaggi che offre l’iniziativa “Posta per tutti” indetta dal Sindacato della comunicazione per rapporto all’ordinanza che attualmente regola il mandato del gigante giallo? Votando sì il 26 settembre il popolo deciderà una volta per tutte che il mandato di servizio pubblico affidato a La Posta ha la priorità sulla logica della redditività. Prima un servizio di qualità per tutti e dopo il guadagno. Una cosa che finora non è stata presa in considerazione dai manager della Posta che difatti osteggiano la nostra iniziativa. Il motivo per il quale lo fanno è chiaro, l'attenzione è stata finora riservata soprattutto al guadagno. Basti pensare che nel 2003 la Posta realizzava 1 milione di franchi di utile al giorno mentre nel primo semestre di quest’anno sono ben 2 i milioni di utile al giorno! Eppure la Posta continua a lamentarsi dei costi a cui deve far fronte per offrire un servizio pubblico, una cosa inammissibile a nostro parere. L’iniziativa prevede anche che in caso di deficit La Posta venga finanziata col denaro pubblico… Le regole del gioco non vengono cambiate, la Posta può continuare a fare utili come è stato finora ma deve avere un occhio di riguardo per la qualità e l’accessibilità dei suoi servizi. Prevedere un finanziamento pubblico non significa cambiare le carte in tavola; si tratta di una clausola di salvataggio per preservare, solo in caso di emergenza, un servizio di pubblica utilità. Peggiorare le prestazioni e aumentare al contempo gli utili non ci sembra coerente. Come si spiega i cospicui utili conseguiti dalla Posta nell’ultimo anno e mezzo? Dai 118 milioni dell’intero 2000 si passa ai 387 milioni di franchi nei soli primi sei mesi di quest’anno. La ragione va ricercata innanzitutto nell’aumento generalizzato delle tariffe della Posta ma anche nelle continue ristrutturazioni con i conseguenti tagli del personale e aumento della pressione sul lavoratore. Facciamo l’esempio di PostFinance che è eloquente. La Posta fa utili facendo pagare la tenuta dei conti a coloro che hanno un patrimonio inferiore ai 7’500 franchi, mentre per i più ricchi non ci sono spese di gestione. Un’altra volta ritroviamo la logica del guadagno a tutti i costi al posto di quella del servizio al pubblico. La Posta ha dichiarato che il numero di uffici postali non scenderà sotto le 2’500 unità (nel 2000 erano 3’400). Non le sembra un numero sufficiente per un paese piccolo come la Svizzera? Certo che sarebbe sufficiente, solo che la Posta non parla di uffici postali ma di “punti di accesso”. La verità è che vogliono spostare l’offerta dalle attuali filiali a chioschi, lavanderie e negozietti di varia natura. Ritirerete il bucato e invierete lettere. Vogliono così liberarsi degli oneri della rete ma anche di una bella fetta di personale. La Posta in realtà non ha alcuna intenzione di mantenere 2’500 uffici postali. Se l’iniziativa non passerà si assisterà ad una continua chiusura di uffici postali periferici. Ma allora secondo voi quanti uffici postali verranno ancora chiusi? È una domanda difficile. Fa un po’ paura però pensare che attualmente le filiali de La Posta sono un migliaio. Verosimilmente queste mille filiali verranno chiuse e i servizi affidati a negozi di privati. Uno scotto che pagheranno una volta in più le regioni periferiche. Quali saranno in questo caso le ricadute sui posti di lavoro? Difficile da prevedere ma saranno nell’ordine delle migliaia di posti. Ma i cambiamenti non riguarderanno solo il passaggio di testimone fra pubblico e privato. Con i punti di accesso cambierà anche il ventaglio e la qualità di servizi offerti al cliente. In lavanderia potrete inviare lettere ma non fare pagamenti. E questo sia per una questione di sicurezza che di formazione del personale. Forse la Posta punta su un aumento di clienti che effettua i propri pagamenti via internet e non più attraverso l’ufficio postale… Si parla tanto dei pagamenti online ma è dal 2001 che la percentuale di persone che usa questo mezzo per pagare i conti è rimasta stabile all’11 per cento. Questo vuol dire che ancora 9 persone su 10 si recano in posta per pagare le fatture e non potranno certamente farlo al chiosco o in lavanderia. Per coloro che non abitano nelle città la vita si farà difficile… La Posta ha un doppio mandato. Quello di fare utili e di offrire un servizio pubblico. Due esigenze compatibili? L’iniziativa “Posta per tutti” vuole stabilire un ordine di priorità che finora il legislatore non si è sentito di dare. Noi diciamo solo che l’accento va posto sul servizio pubblico. Personalmente non sono a favore della privatizzazione della Posta, ma non è questo l’argomento. Comunque non vedo perché non si possano mantenere dei monopoli se fino ad ora hanno funzionato perfettamente e in maniera efficiente. Servizio di qualità e autofinanziamento che finora è stato garantito. Perché non poter continuare su questa strada? Il Sindacato della Comunicazione è soddisfatto della gestione della Posta da quando vi è stata la parziale liberalizzazione delle Ptt? Abbiamo delle critiche importanti da fare sul modo in cui oggi è servita la clientela. La qualità è diminuita e l’accesso all’ufficio postale è peggiorato rispetto a prima. Constatiamo inoltre che i prezzi di alcune prestazioni sono aumentati in maniera ingiustificata e l’esempio che le ho fatto prima su PostFinance è emblematico. Dal punto di vista del consumatore la situazione è degradata. Ma anche per il personale le cose sono cambiate. I ritmi di lavoro a volte raggiungono davvero una situazione limite e la pressione sul personale è aumentata enormemente. Gli utili passano anche per la pelle del lavoratore che ne paga le conseguenze. Dall’osservatorio del sindacato avete potuto constatare un maggior numero di denunce di lavoratori del gigante giallo? Sì, è un fenomeno all’ordine del giorno. Sono molti i lavoratori che vengono da noi e si lamentano delle pressioni subite. Ne è una prova la statistica dei giorni di malattia che in questi ultimi anni sono decisamente aumentati. È un sintomo della situazione di cui bisogna tener conto e non sottovalutare. In Ticino vi è stato il caso di un dipendente della Posta che, per raggiungere l’obiettivo di vendita assegnatoli dall'impresa, vendeva vignette autostradali sotto costo rimettendoci di tasca propria… Non mi sorprende per nulla. Una volta il personale veniva spinto a servire al meglio la clientela, ora la gerarchia postale li spinge a raggiungere l’obiettivo di vendita. Le cose sono decisamente cambiate, ancora una volta abbiamo la prova del primato della redditività sulla prestazione al cliente. *** Un gigante che vuole crescere Ulrich Gygi è nato il 6 dicembre 1946 a Kappelen (Be). È dottore in economia politica e aziendale. Dopo aver ricoperto il ruolo di assistente all’università di Berna approda al Dipartimento federale delle finanze. Nel 1989 diventa direttore dell’Amministrazione federale delle finanze. Dal 2000 è direttore esecutivo de La Posta. Ulrich Gygi* a volte si ha l’impressione che lei sarebbe un manager più contento se il gigante giallo non avesse la “zavorra” del servizio pubblico da mantenere. È così? Al contrario. Il mio mandato è chiaro e consiste nell’offrire un servizio pubblico di qualità e a prezzi moderati in tutto il paese. Ed è quello che faccio, con tutta la mia energia. Voglio assicurare il futuro del servizio pubblico con un’azienda in buone condizioni. Non è facile. Sarebbe senza dubbio più semplice vivere sugli allori e godersi la popolarità. Tuttavia, nell’arco di cinque anni, così facendo La Posta Svizzera non sarebbe più indipendente. D’altro canto, le cifre ci danno ragione: nell’ultimo anno, la soddisfazione della clientela è ancora cresciuta. In un’intervista lei ha dichiarato che è terminata la fase delle grosse ristrutturazioni della Posta. Si conclude quindi anche la fase di ridimensionamento del personale? Si parla ogni giorno di ridimensionamento del personale. Analogamente ad altre aziende, non possiamo impiegare più personale di quello per il quale c’è lavoro. Il trattamento degli invii postali richiede molto personale. Se per contro vengono spediti meno pacchi e lettere, ciò si ripercuote immediatamente sulle cifre del personale. Se per esempio un grande quotidiano non lavora più con La Posta, ciò interesserà alcune centinaia di posti di lavoro, dallo smistamento alla distribuzione e fino al trasporto. In realtà, a fine 2003 l’effettivo medio del gruppo Posta era pari a 43 mila 500 posti a tempo pieno, con oltre 54 mila collaboratrici e collaboratori. Ma è chiaro che la riduzione dei volumi, lo sviluppo delle nuove tecnologie e il loro crescente utilizzo da parte della clientela sono elementi che hanno influsso sugli effettivi del personale. Se non faremo nulla su questo fronte, i costi – e di riflesso i prezzi – esploderanno. Ciò si ripercuoterà negativamente sia sui clienti, piccoli o grandi che siano, sia sulle regioni periferiche, e di conseguenza avrà un effetto dannoso anche per la Posta ed il suo proprietario, la Confederazione. La Posta dichiara di non voler scendere sotto i 2’500 “punti di accesso”. Ma non si parla di “ufficio postale” e all’orizzonte si prospetta un modello “alla svedese” con accesso ai clienti nei supermercati, chioschi e simili. In definitiva quanti uffici postali rimarranno in Svizzera? Quello svedese è uno dei modelli possibili, non l’unico. Ciò che importa, in questo contesto, è la qualità del servizio per i clienti e le regioni. E in questo senso, la soluzione delle agenzie è molto interessante. Gli orari di servizio possono essere estesi. E può rappresentare una soluzione, ad esempio, per mantenere un negozio nei piccoli villaggi. Non posso ancora esprimermi sulle cifre esatte. Lo sviluppo della rete postale avviene discutendo con le parti interessate. Supponiamo che le mille attuali filiali della Posta vengano trasformate in punti d’accesso. Non la preoccupa l’impatto che avrebbe sui posti di lavoro che attualmente offre la sua impresa? Posso garantire che in futuro ci saranno 2’500 tra uffici postali, filiali ed agenzie. Tuttavia considero pienamente la preoccupazione legata ai posti di lavoro. Questa è una delle ragioni per le quali si intende offrire agli impiegati postali la possibilità di divenire veri e propri imprenditori, in grado di svolgere il servizio postale con un’eventuale attività accessoria per integrare il reddito. In proposito ci sono già impiegati interessati. Inoltre, La Posta crea anche nuovi posti di lavoro, nelle ditte partner, nelle società del gruppo e nella casa madre. Se la Posta diventasse un’impresa privata a tutti gli effetti quale dei quattro rami d’attività (posta lettere, posta pacchi ed espressi, PostFinance e traffico viaggiatori) taglierebbe un bravo manager? La mia strategia è chiara. Mi batterò affinché La Posta Svizzera resti leader a livello nazionale almeno per i prossimi dieci anni. E in questo senso, io non intendo operare tagli nei rami d’attività. Voglio invece compensare la diminuzione dei volumi nei settori pacchi e lettere con lo sviluppo di PostFinance, delle attività all’estero e mediante l’offerta di prestazioni facenti capo alle nuove tecnologie, come ad esempio Yellowbill e Hybridmail. Ulrich Gygi lei non nasconde la sua antipatia per l’iniziativa “Posta per tutti”. In fondo se il 26 settembre passasse il “sì” l’impresa che lei dirige avrebbe una maggiore sicurezza finanziaria. Questo non le piace? Non è un problema d’antipatia. Anch’io voglio una Posta per tutti. Tuttavia, la miglior sicurezza per garantire il futuro dell’azienda è essere in buona forma e concorrenziali. E in qualità di ex-direttore dell’Amministrazione federale delle Finanze, conosco la validità di questo tipo di garanzia. Le casse federali sono vuote. La nostra base di finanziamento consiste nel monopolio del settore lettere. In questo modo possiamo finanziare il servizio universale. In fondo il vero monopolio della Posta è rappresentato dall’attaccamento della popolazione all’ufficio postale e l’iniziativa del Sindacato della comunicazione ne è una prova. Non ha paura di perdere questo capitale di affetto? Dobbiamo considerare la realtà dei fatti. Agli sportelli, negli ultimi 3 anni, il deposito di pacchi e di lettere è diminuito rispettivamente del 32 per cento e del 27 per cento. E questa tendenza continuerà. Se non saremo in grado di reagire, La Posta Svizzera sarà in grandi difficoltà. Lo ribadisco con convinzione: se siete attaccati alla Posta, lasciate che si sviluppi e si adatti alle nuove esigenze della sua clientela e della società. La Posta vuole abbandonare la vecchia filosofia aziendale delle ex regie federali. Come mai però continuate a vendere gadgets nostalgici con il logo Ptt? Non è un problema di filosofia. La società si muove, nascono nuove esigenze, come quelle dei pendolari, delle famiglie monoparentali, delle coppie o di entrambi i partner che esercitano un’attività lavorativa. E la vendita dei prodotti di terzi negli uffici postali rappresenta una valida soluzione che genera guadagni volti a finanziare il deficit della rete postale. Senza ricorrere a sovvenzioni. * intervista concessa via email

Pubblicato il

03.09.2004 04:00
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