Il profitto con le Botteghe del mondo (Bdm) è equo e si presenta bene. Sono ormai 30 anni che l’omonima associazione sorta per il sostegno del commercio equo e solidale, ha messo radici nella Svizzera italiana arrivando a contare, passo dopo passo, una quindicina di filiali. Mentre le grandi catene del commercio al dettaglio fan man bassa dei piccoli rivenditori e si fagocitano tra loro, realtà come le Bdm sono riuscite a ritagliarsi un piccolo spazio sul mercato. I punti di vendita – come quello di Bellinzona situato nel cuore della città – sono oramai frequentati da una clientela eterogenea ma pur sempre sensibile a che i prodotti siano frutto di un processo lavorativo che rispetti la dignità e i diritti di chi li produce. Molte cose sono cambiate dai primordi dell’esperienza ed oggi le Bdm della Svizzera italiana tentano un salto di qualità anche nelle strategie cosiddette di marketing (si veda anche il box), un tempo limitate pressoché al passaparola, come spiega nell’intervista Daniela Sgarbi Sciolli, amministratrice dell’Associazione nonché presidentessa. Daniela Sgarbi Sciolli le Botteghe del mondo sono ormai sinonimo di commercio equo e solidale. Ma cosa significa concretamente sostenere questo tipo di commercio? Significa portare avanti un lavoro regolato dai principi di un commercio che pone particolare attenzione alle condizioni occupazionali di produzione. Il nostro scopo è quello di far sì che venga garantita un’esistenza dignitosa a quei piccoli produttori del Sud del mondo che con i loro mezzi non riescono ad avere accesso ai mercati del Nord. E lo facciamo aiutandoli a trovare dei canali di distribuzione, cosicché possano incrementare la loro attività e creare sempre nuovi posti di lavoro nelle regioni più emarginate del mondo. In tutta questa operazione, il compito più impegnativo consiste nel riuscire a stabilire un prezzo equo per un articolo in modo tale che questo risulti conveniente sia per il produttore che per l’acquirente. Il vostro fatturato – secondo quanto riportato in un voltro comunicato – è in continua crescita. Cosa contribuisce a questa spinta propulsiva, è forse cambiata la clientela? Premesso che tutte le botteghe in genere si gestiscono autonomamente, c’è da dire che negli ultimi anni, uno dei comuni denominatori tra i punti di vendita è stato proprio quello di aprirsi ad un nuovo tipo di clientela, cercando di essere sempre più visibili, un po’ come ha fatto la filiale di Bellinzona o Giubiasco che si trovano nel centro della città. La tendenza è proprio quella di trovare delle ubicazioni interessanti per la vendita anche se questo significa dover fare i conti con maggiori spese d’affitto. Vorremmo uscire dalla nicchia e fare in modo che i nostri prodotti trovino apprezzamento anche presso un pubblico che poco conosce del commercio equo e solidale ma che al contempo potrebbe riconoscere la buona qualità dei prodotti che offriamo. Vorremmo che la gente entrasse nelle nostre Botteghe perché attratta dalle nostre merci, senza il pregiudizio di sentirsi in dovere di comprare per forza qualcosa quale riconoscimento al nostro operato. D’altronde oggi offriamo un assortimento davvero ricco, che include articoli di diverso genere, biologici, ecocompatibili e controllati per fattura e qualità. I tempi in cui equo era sinonimo di “pulloverone” in alpaca di improbabile indossatura sono alle spalle. Cosa comporta per le Bdm il reggersi quasi esclusivamente sul volontariato? Il fatto di avere tanti volontari è un punto di forza ma al contempo ci impone di investire molte energie nel motivare, tenere informate tutte le persone coinvolte che hanno gradi di sensibilità, di formazione e di adesione ai principi del commercio equo diversi fra loro. Quali strategie di marketing state adottando per pubblicizzare i vostri prodotti? Fino ad oggi l’unico canale pubblicitario è stato il passaparola. Come è risultato d’altronde da un piccolo lavoro di seminario sulle Bdm, condotto da un gruppo di studenti della Supsi due anni fa. Solo di recente abbiamo osato ricorrere a delle inserzioni pubblicitarie sui quotidiani locali ma per arrivare a ciò abbiamo dovuto discuterne a lungo all’interno della nostra associazione, visto che non tutti i membri erano persuasi della necessità di ricorrere a tale mezzo. Di certo sappiamo che il passaparola è importante ma non è sufficiente. Per il resto abbiamo provveduto a rinnovare il nostro logo e a creare un nuovo sito internet (si veda box, ndr) grazie alla collaborazione di due giovani, Raffaele Bolliger e Daniela Raggi. Ora non ci resta che sperare che l’utilizzo di questi canali possa effettivamente contribuire a farci conoscere presso un pubblico più ampio. L’interagire delle Bdm con associazioni che si occupano di diritti dell’uomo o di stampo ecologista fa parte di scelte individuali di singole filiali o coinvolge tutta l’associazione? L’associazione s’impegna spesso in cause umanitarie ed ha assunto anche posizioni ufficiali riguardo a diversi temi dibattuti o oggetto di votazione popolare. Di recente ad esempio abbiamo aderito al comitato promotore contro la nuova Legge sugli stranieri e la Legge sull’asilo e in questi giorni abbiamo raccolto le firme anche nelle nostre Botteghe. Sosteniamo quindi tutte quelle iniziative che sono in sintonia con i nostri principi e obiettivi. Che cosa vorreste potenziare o modificare nella vostra politica futura? Nel passato gli eventuali profitti venivano riversati totalmente e senza remore in progetti di aiuto allo sviluppo. Oggi ci rendiamo conto che varrebbe la pena di reinvestire anche nelle nostre strutture perché sappiamo che potenziando queste si aiutano di conseguenza i produttori alla continua ricerca di sbocchi distributivi come il nostro per i loro prodotti, in mancanza dei quali devono optare per i canali tradizionali le cui condizioni spesso sono svantaggiose per loro. Come associazione stiamo cercando inoltre di sensibilizzare alcuni canali ufficiali affinché si riforniscano presso i nostri produttori. Pensiamo ad esempio all’amministrazione pubblica che potrebbe cominciare a fare un passo in questo senso. Sarebbe bello se un giorno nella caffetteria dell’Amministrazione cantonale venisse servito un caffè del commercio equo. Giustamente prodotti Migliorare le condizioni di vita delle popolazioni svantaggiate del Sud del mondo: questo lo scopo delle persone che hanno messo in piedi la catena delle Botteghe del mondo (Bdm) presenti in tutt’Europa con circa 3 mila punti di vendita gestite in totale da circa 50 mila persone attive, quasi quasi esclusivamente a titolo volontario (nella sola Svizzera italiana sono circa 350). Al passo con i tempi, da qualche giorno le Botteghe del mondo della Svizzera italiana si sono dotate di un nuovo logo e hanno inaugurato il loro nuovo sito internet (www.botteghedelmondo.ch), il tutto celebrato con la settimana delle porte aperte in corso fino a venerdì 24 marzo (dalle 14 alle 17), presso la sede dell’Associazione a Sementina, punto di rifornimento delle 15 filiali presenti sul territorio e luogo dove vengono preparate le campagne informative. L’associazione è composta dai 15 soci o Bdm ed è aperta ad altri gruppi che si occupano di commercio equo e solidale e che possono farne parte con lo statuto speciale di “gruppo di sostegno”. Attualmente solo cinque persone sono impiegate a tempo parziale nella centrale di Sementina, mentre le addette/i alla vendita sono tutte/i volontarie/i. Proprietaria dei negozi è l’associazione che finalmente comincia a raccogliere qualche frutto in termini di profitto. «Le nostre cifre d’affari – spiega Daniela Sgarbi Sciolli – sono in crescita: da qualche anno nella Svizzera italiana il fatturato non scende sotto i 550 mila franchi e speriamo di migliorare». Una crescita che va di pari passo con l’aumentare delle organizzazioni del commercio equo europeo che attualmente importano prodotti da circa 800 partners commerciali di 45 paesi del Sud del mondo (fonte: web.ticino.com).

Pubblicato il 

24.03.06

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