Sonora bocciatura dai lavoratori

Un piccolo assaggio dell'aspro confronto che si svilupperà con il mondo del lavoro e con il paese per il suo progetto di innalzare l'età pensionabile delle donne a 65 anni. Il consigliere federale Alain Berset l'ha potuto avere giovedì scorso a Zurigo al congresso del sindacato Unia (servizi a pagina 3), dove è stato apertamente contestato.

A pochi giorni dalla presentazione della "sua" riforma dell'assicurazione vecchiaia e della previdenza professionale, l'illustre ospite non si poteva forse aspettare altro da parte dei delegati sindacali, che in effetti lo hanno accolto e congedato a suon di fischietti e durante il suo intervento hanno esposto numerosi striscioni contro l'ennesimo tentativo del governo di costringere le donne a lavorare un anno in più.
Senza scomporsi più di tanto per l'inusuale e rumorosa accoglienza, il ministro socialista ha provato a tendere la mano alla platea di lavoratori insistendo dapprima sui punti più condivisi: «Voi ed io abbiamo un obiettivo comune: la sicurezza sociale»; L'Avs è «la più importante istituzione statale» che garantisce «solidarietà e coesione»; Essa funge da «patto di società tra giovani e anziani, tra ricchi e poveri», ma assicura anche «fiducia nella sicurezza sociale della Svizzera», ha ricordato il ministro della socialità indicando la via da seguire: «Dobbiamo batterci per dei miglioramenti» tendendo presente che «molto è cambiato» dalla sua introduzione 65 anni or sono ad oggi e che «l'attuale solidità dell'Avs non sarà eterna se non si interviene».
Già, ma come? «Con l'equilibrio». Quell'equilibrio che «mancava alle riforme fallite negli anni passati» e che lui ora vuole garantire attraverso un «nuovo approccio» che prevede di affrontare i problemi dell'Avs (il primo pilastro) insieme a quelli della previdenza professionale (secondo pilastro) in un unico pacchetto di riforma. E con gli obiettivi di «mantenere immutato il livello delle pensioni e trovare soluzioni socialmente sostenibili per consentire a tutti di beneficiare del pensionamento anticipato, che oggi solo i redditi più elevati possono permettersi». Tra le possibili misure concrete, Berset ha evocato un nuovo aumento dell'Imposta sul valore aggiunto (Iva): «Dobbiamo discuterne, ma sarebbe sicuramente una via equilibrata» perché all'Iva «contribuiscono tutti: sia i lavoratori sia i beneficiari delle pensioni», ha sottolineato il consigliere federale socialista, tralasciando tuttavia il dettaglio che questa imposta sui consumi è per sua natura una tassa socialmente ingiusta in quanto indipendente dal reddito e dunque uguale per tutti.
Ma il passaggio più contestato del suo intervento è stato quello in cui ha ribadito la «necessità» di fissare per tutti a 65 anni l'età di riferimento per la pensione. Una misura che per le donne si tradurrebbe in un innalzamento da 64 a 65 dell'età Avs che per la base sindacale non entra nemmeno in linea di conto, come ha subito ribattuto la presidente dell'Assemblea Ursula Mattmann, mentre gruppi di delegati "accerchiavano" il ministro con striscioni e cartelli recanti slogan contro la sua riforma e contro "il furto delle pensioni".
E a coloro che gli hanno ricordato la netta bocciatura (72,7 per cento di no) il 7 marzo 2010 della Legge sulla previdenza professionale (Lpp) che prevedeva un taglio delle pensioni, Berset, visibilmente irritato dalle contestazioni, ha risposto alzando il tono della voce: «Siate coscienti di una cosa. In quel 72,7 per cento c'ero anch'io e quello che propongo oggi è qualcosa di nuovo, una via equilibrata per garantire sicurezza sociale e trasparenza» si è difeso. E poi un avvertimento: «La cosa peggiore sarebbe quella di non reagire ai cambiamenti» e ritrovarsi tra qualche anno a tagliare le pensioni, come capitato con l'Assicurazione invalidità (Ai). In questo ambito, ha argomentato, «la politica ha tardato a reagire e per ridurre il deficit miliardario è stato necessario un doloroso programma di risanamento di cui oggi subiscono le conseguenze i beneficiari delle pensioni». E la stessa cosa potrebbe succedere per l'Avs se non s'interviene con tempestività, ha minacciato Berset. «E poi – ha aggiunto tra i fischi della sala – guardate di quale età di pensionamento si parla nei progetti di riforma dei paesi vicini: si parla di 67 anni e non di 65 come da noi».
«Vi ho sentiti. Vi sento molto bene», ha ribattuto ai contestatori. «Nei prossimi anni ne voglio discutere insieme a voi», ha concluso il consigliere federale ricevendo dalle mani del co-presidente Renzo Ambrosetti tre regali che potrebbero aiutarlo nel «non facile lavoro» (parole sue) di riformare il sistema pensionistico svizzero: una bilancia a sottolineare il valore della giustizia, una bussola a indicare la giusta direzione e un elmetto (rosso) da cantiere che, ha detto, gli potrà tornare utile «quando incontrerà i rappresentanti del padronato». 

Pubblicato il

07.12.2012 03:00
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