Spagna 1936: inizia la guerra

Perché partivano? Perché avevano un grande ideale: "Combattere contro il fascismo". E poi un altro: "Cambiare il mondo". Negli anni 1920 – 1940 il cittadino comune era coinvolto in un movimento di ideologie politiche e rivoluzionarie che facevano vibrare l'Europa. Nel caso degli antifascisti di sinistra significava credere appassionatamente che la giustizia personificata dai loro partiti, sarebbe riuscita a capovolgere il funzionamento della società. Come? Con la partecipazione e l'entusiasmo dell'uomo, di tutti gli uomini che per secoli avevano vissuto da umiliati. La sinistra organizzava incontri e coinvolgeva gli operai, i contadini e i semplici per farli ragionare sulla loro condizione, sulla loro ignoranza e sulla miseria della loro esistenza. La propaganda era volta a provocare una presa di coscienza delle condizioni del popolo. In certi paesi europei erano nati e si erano sviluppati i fronti popolari che avevano ottenuto successi politici importanti.
Dall'altra parte, invece, una destra virile che si autoglorificava per ogni successo e sviluppava una politica estera che lasciava prevedere fame di conquista. Mussolini mirava al cantone Ticino, lo voleva e basta. Nei suoi progetti era già suo. Doveva solo attendere il momento opportuno per prenderselo. Le spie dell'Ovra giravano per Lugano in cerca dei fuoriusciti, dei fuggitivi ricercati dal regime che erano pericolosi perché trasportavano sofferenza e odiavano i fascisti. Il cantone Ticino è risaputo, fu negli anni del fascismo, un luogo di scambi umani e ideologici fondamentali per la lotta antifascista, ma non tanto per i personaggi conosciuti, ma per tutti quei clandestini disperati che passano da noi per dare un senso alla loro esistenza. Uomini soprattutto, che avevano perso tutto ed erano stati maltrattati. Si erano scontrati contro un sistema che non aveva previsto niente per loro e che li aveva emarginati. Come risorgere? Combattendo contro il regime che li aveva privati della libertà di difendere ciò che volevano, pagando il prezzo del disprezzo e della prigione. Il fascismo faceva paura. Se non eri fascista naturalmente. I ticinesi antifascisti non volevano che il fascismo giungesse a dominare il cantone. Allora credevano nell'antifascismo con convinzione, non erano semplicemente "antiqualcosa" che ti lascia tranquillo nel tuo brodo, ma "anti" nel senso di contro un regime potente che non tollerava opposizione democratica alcuna e cercava lo scontro.
A quei tempi non c'era via di scampo, perché non si poteva ragionare con chi non la pensava come te, dovevi credere in un'idea e portarla fino in fondo: "O con loro o contro di loro. O con noi o contro di noi". Quando scoppiò la Guerra Civile di Spagna, Mussolini e Hitler intervennero a fianco dei militari spagnoli insorti contro il governo democratico e questa decisione, contro cui nessun governo si oppose, provocò sgomento: "Oggi in Spagna domani nel mondo", "Se la Spagna sarà sconfitta un torrente di sangue inonderà l'Europa", si pensava. Come non avere paura di fronte a un esercito, sostenuto dalla Germania e dall'Italia che non aveva intenzione di fermarsi di fronte a niente pur di imporre la propria volontà? L'aggressività dei nazifascismi si stava scatenando e i volontari antifascisti ticinesi e del mondo intero avevano capito che era giunto il momento di sacrificarsi e sono partiti per la Spagna per arruolarsi nell'esercito delle Brigate Internazionali. Giovanni Pesce in un intervista mi ha detto: «Gli uomini che ho conosciuto nelle Brigate Internazionali avevano un grande senso della responsabilità. Avevano capito che i fascisti erano pronti a commettere un massacro contro l'umanità. Tra noi si era creata questa consapevolezza che ci ha spinti ad abbandonare tutto per rischiare di perdere e morire o vincere e vivere liberi». Tutto questo si è capito quando è scoppiata la seconda guerra mondiale, iniziata tre mesi dopo la fine di quella di Spagna. La Guerra di Spagna è stata la preparazione alla seconda guerra mondiale.
In quel periodo i ticinesi vedevano passare da Lugano e dal mendrisiotto gli italiani antifascisti che volevano partire ad ogni costo per la Spagna. Non cercavano più un rifugio, ma un riscatto. Gente di poche parole, che andava a combattere per evitare che il fascismo si imponesse anche là e che così combatteva finalmente contro Mussolini. I ticinesi hanno fatto lo stesso: "Non lasciamo passare il fascismo in Ticino e non lasciamo che anche il popolo spagnolo venga calpestato, andiamo in Spagna", costi quel che costi. Ma la Guerra di Spagna doveva essere una seconda Rivoluzione Francese, combattendo si iniziava il cammino per cambiare le regole della società. Così non è stato, ma è stato uno dei più importanti movimenti ideologici della storia, un laboratorio di passioni e utopie con dei retroscena inquietanti, certo, che sono emersi in questi ultimi anni ma che non erano sconosciuti dai soldati al fronte. Retroscena come i delitti dei comunisti contro gli anarchici per intenderci, che nulla hanno a che fare con le motivazioni degli antifascisti.
I soldati delle Brigate Internazionali erano come fratelli, Eolo Morenzoni mi ha scritto una lettera alla fine della mia ricerca sulla sua partecipazione alla guerra di Spagna, che a un certo punto dice così: «In Spagna ho imparato la vera amicizia e la solidarietà». Quei giovani, come Eolo Morenzoni, possedevano un sentimento di unione tra loro, che nell'ottica politica delle sinistre democratiche di allora era una componente fondamentale della vita quotidiana. Non dimentichiamo che i membri delle Brigate Internazionali erano tutti volontari. Hanno scelto di arruolarsi e avrebbero potuto tornarsene a casa quando volevano. E non volevano conquistare niente, combattevano e morivano con passione perché avevano degli ideali.
Questo è un condensato dello spirito che animava la gente partita per quella guerra. Uno spirito che oggi sfugge al cittadino contemporaneo che si è disaffezionato alle idee ed è rimasto solo.

Pubblicato il

27.10.2006 02:30
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