Turbolenze in casa padronale

Ulrich Rettenmund, titolare di una ditta di pittura e gessatura di medie dimensioni, rappresenta i datori di lavoro di Berna città nella delegazione negoziale dell’Associazione svizzera impresari pittori e gessatori (Asipg). Ha partecipato all’ultima tornata di trattative dell’11 maggio, quando le delegazioni sindacali e padronale si erano messe d’accordo dopo mesi di tormentati negoziati su un nuovo contratto collettivo di lavoro (Ccl) che garantiva il prepensionamento a 62 anni e un aumento salariale generalizzato di 62 franchi mensili (si veda area, n. 20-21, 14 maggio 2004). L’intesa era stata bocciata una settimana dopo da una larga maggioranza dei delegati all’assemblea dell’Asipg, influenzata dagli esponenti della linea dura attorno al milionario imprenditore lucernese Enrico Ercolani. Otto dei 12 delegati bernesi all’assemblea avevano detto “sì” all’accordo e di fronte alla loro netta sconfitta Rettenmund – che non ha votato in quanto direttamente coinvolto nelle trattative – aveva preannunciato le dimissioni dalla delegazione negoziale. Nell’intervista spiega perché era importante che l’intesa raggiunta con i sindacati fosse accettata e descrive qual è la situazione attuale in seno a un’associazione padronale in preda a forti dissidi interni. Ulrich Rettenmund, lei è favorevole al pensionamento anticipato di pittori e gessatori dai 62 anni di età? Sì. Nell’ultimo contratto collettivo abbiamo promesso di definire un modello che fosse finanziabile. E adesso l’avremmo avuto. Cosa pensa della bocciatura dell’accordo raggiunto dalle delegazioni negoziali all’assemblea dei delegati dell’Asipg? Per me è incomprensibile che il risultato delle trattative sia stato rifiutato. Non l’ho capito. Perché? Questa bocciatura è molto negativa, ha rovinato la pace sociale. L’approvazione dell’accordo avrebbe permesso di “acquistare” la pace sociale, e il Consiglio federale avrebbe sicuramente dichiarato di obbligatorietà generale il nuovo contratto collettivo. Dopo il “no” dei delegati lei ha annunciato le sue dimissioni dalla delegazione negoziale del padronato. Non mi sono ancora pronunciato in merito. Non ho ancora deciso se ritirarmi o meno dalla delegazione negoziale. Credo che devo continuare a lavorare affinché dal piano emotivo si torni a quello razionale. Quando deciderà se continuare o meno? Giovedì [ieri per chi legge, ndr], quando si riunirà l’intera delegazione. Non possono ritirarsi in molti, altrimenti nella delegazione ci sarebbero troppi volti nuovi, troppe persone che non hanno partecipato direttamente alle trattative e che non conoscono i dettagli. Perché la delegazione padronale ha insistito affinché le rendite fossero fissate addirittura all’80 per cento dell’ultimo salario lordo, quando invece i sindacati proponevano “solo” il 75 per cento come nella Svizzera romanda? Nella Svizzera romanda la rendita minima è di 3’500 franchi, quella massima di 4’500. Io credo che un mio collaboratore che guadagna 5’500 franchi non può andare in pensione anticipatamente e in modo degno con il 75 per cento di questo salario, soprattutto nei grossi centri. Il grosso timore è anche che rendite troppo basse incoraggino il lavoro nero. Aldilà di questo, non c’è stata da parte vostra premeditazione nel voler concludere un accordo “troppo” favorevole ai sindacati in modo che lo stesso venisse poi respinto dai delegati all’assemblea? No, no. Abbiamo negoziato duramente e abbiamo sempre agito in modo che i delegati alla fine accettassero l’accordo che sarebbe stato proposto loro. Pensavamo che l’obiezione più forte all’assemblea dei delegati sarebbe stata quella di incoraggiare il lavoro nero. Ci siamo detti: delle rendite dell’80 per cento convengono anche a noi come datori di lavoro. A un collaboratore che lavora con me da tanti anni, che ha uno stipendio relativamente alto, che non è più così in forma, non voglio ridurre lo stipendio ma vorrei potergli dire: “sarei contento se tu potessi andare in pensione anticipata”. E non vorrei sentirmi dire poi “ma io con il 75 per cento del salario non posso smettere di lavorare”. Ripeto, per noi l’importante è sempre stato da un lato impedire il lavoro nero, dall’altro mandare i lavoratori in pensione anticipata e far sì che possano vivere. Questo era il principio. Perché a suo avviso i datori di lavoro, e in particolar modo quelli del canton Berna, dovrebbero essere favorevoli a un nuovo contratto collettivo? Perché senza Ccl con l’entrata in vigore della libera circolazione delle persone ogni impresario di un paese Ue confinante può offrire il suo lavoro alle condizioni previste dal Codice delle obbligazioni e non più a quelle del contratto collettivo. Nemmeno i nostri lavoratori residenti sarebbero protetti: in teoria io potrei reclutare appena fuori Basilea un collaboratore alsaziano e pagarlo 1’800 euro. Come si potrà uscire da questa situazione di stallo? Può rispondere a una mia domanda? “Come si può portare il consigliere federale Christoph Blocher a comportarsi in modo collegiale in un organo collegiale?” Come si può trasformare i vari Blocher in persone aperte? Per me gli oppositori all’accordo sono degli eterni “Neinsager”. Già a priori si erano opposti. Nel vecchio contratto c’è l’articolo 25 che ci obbliga a trattare sul prepensionamento. E la delegazione negoziale non ha mai voluto violare il contratto. Abbiamo portato a compimento il nostro mandato. La responsabilità è dell’assemblea dei delegati. Com’è la situazione attuale in seno all’Asipg? Turbolenta. Una parte dei datori di lavoro dice: “se non passa la proposta, usciamo dall’associazione”. E l’altra, quella dei “Neinsager”, dice: “se passa ce ne andiamo noi”. La situazione per i vertici dell’Asipg è al momento molto difficile. Le due parti hanno delle pretese e da parte mia devo riconoscere – anche se non mi va bene – che si è trattato di una decisione democratica. La devo accettare. Noi vogliamo sempre la crescita economica ma poi togliamo potere d’acquisto ai nostri collaboratori. Collaboratori che adesso hanno un reddito reale inferiore a quello dello scorso dicembre, perché sono aumentati sia i premi casse malati che quelli del secondo pilastro. Come datore di lavoro serio già due mesi fa avevo concesso un aumento salariale. Però chiaramente i costi aumentano. Sono d’accordo con la soluzione che avevamo trovato, ma il prepensionamento non lo posso introdurre da solo. Sarebbe possibile una soluzione regionale? È molto difficile, perché un Ccl bernese non sarebbe dichiarato di forza obbligatoria. E per noi non ha senso concludere un Ccl al quale sarebbero vincolati solo i membri dell’associazione padronale. Le possibilità sono poche, anzi pochissime, praticamente nulle.

Pubblicato il

04.06.2004 02:00
Stefano Guerra
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