Tutte quelle mani sull'oro nero

La quotazione del barile di oro nero è salita in pochi mesi alle stelle. Ad inizio anno gli operatori del mercato hanno parlato del superamento della "soglia psicologica" (eppure così reale sul borsello dei consumatori) dei 100 dollari. Solo pochi anni fa – a metà del 2004 – ci stupivamo increduli di un barile che aveva raggiunto i 50 dollari. All'inizio degli anni Novanta il greggio lo si poteva ancora trovare addirittura a 10 dollari al barile: era più caro andare a riempire un camion-cisterna di acqua dal lago di Lugano e poi distribuirla in bottiglie da un litro. Ora gli analisti si interrogano sul futuro: fino a dove ci si potrà spingere? I prudenti hanno parlato di 150 dollari, ma c'è anche chi ha rotto ogni tabù mettendo sul tavolo una previsione di quasi 200 dollari. «Fino a dove desiderano i grossi fondi di investimento, le banche e le compagnie petrolifere», ci spiega invece nell'intervista che segue l'esperto petrolifero Tommaso Braconi. Pochi giorni fa l'Opec, l'Organizzazione dei paesi produttori di petrolio, in un comunicato stampa ha spiegato che i 100 dollari non sono «un prezzo così eccessivo». Eppure il costo dell'oro nero comincia a preoccupare non solo alla pompa di benzina o quando c'è da riempire la cisterna di olio combustibile, ma anche – ci si dice – si ripercuoterà presto sulla produzione degli altri beni. Costerà tutto di più ci hanno anticipano gli esperti.
Ma quali sono le cause di questa ennesima impennata del prezzo del barile? La risposta al quesito ci viene riproposta da anni e cambia di poco: accresciuta domanda di petrolio da parte di qualche paese emergente (questa volta Cina) e instabilità politica in qualche paese mediorientale (il delta del Niger). Una spiegazione che a Tommaso Braconi, arrivato in Svizzera nel 1962 grazie al dirigente dell'italiana Eni Enrico Mattei che voleva trovare nuovi sbocchi per il greggio iraniano sul  quale aveva strappato l'esclusiva, non va proprio giù. Forte dell'esperienza di chi ha lavorato e continua a lavorare nel campo della compravendita di petrolio – «quella del fisico e non della carta straccia della borsa» – Braconi spiega quali sono i meccanismi della speculazione, chi guadagna e chi perde dalle impennate dell'oro nero.

Tommaso Braconi come si spiega l'impennata del barile di petrolio che ha ormai raggiunto la soglia dei 100 dollari?
È solo e semplicemente speculazione, le altre spiegazioni non reggono alla realtà dei fatti. La pressione sul costo del barile avviene nelle borse in cui è quotato l'oro nero ed è studiata e creata nei minimi dettagli dagli speculatori. Già nel mese di aprile i segnali erano evidenti e le previsioni erano quelle di raggiungere i 100 dollari. Previsioni che si sono immancabilmente avverate. È come se gli speculatori si fossero fissati un obiettivo che poi hanno raggiunto. A questo punto ci si dovrebbe rifiutare di parlare di "prezzo del petrolio", perché un prezzo si stabilisce fra un normale compratore e un venditore. Il greggio non ha più nulla a che vedere con questa realtà fisica. La sua valorizzazione viene decisa a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di produzione. È a New York, a Londra e  a Singapore che il prezzo viene deciso su uno schermo di computer. Questa valorizzazione non è altro che un pezzo di carta: gli speculatori possono far arrivare il barile a 200 dollari tranquillamente, è solo una questione della loro volontà e di un calcolo costi-benefici per loro.
Lei ci parla di speculazione eppure questi mesi diversi governi e osservatori hanno parlato di una domanda accresciuta e di una scarsità di petrolio che mette in tensione il mercato (si veda la tabella in pagina). Si è inoltre puntato il dito contro l'Organizzazione dei paesi produttori di petrolio (Opec) che manterrebbe sotto controllo i rubinetti per tenere alti i prezzi. Chi ha ragione?
L'Opec è sostanzialmente l'Arabia Saudita. Una nazione che è in mano agli americani. L'Opec ha inoltre un influsso ridotto sul mercato: ne controlla circa il 40 per cento. L'argomento poi della tensione fra domanda e offerta causate da un problema di produzione o da un repentino aumento della richiesta di greggio sono fandonie. L'informazione divulgata è manipolata: le ripeto, è tutto costruito per raggiungere un obiettivo speculativo.
Però è innegabile che alcuni paesi come Cina, India e Brasile hanno accresciuto il loro fabbisogno di greggio. Quale parte di questo aumento del prezzo del petrolio è imputabile alle tensioni di mercato? È possibile spiegare tutto attraverso la speculazione?
Nessuno riuscirà a convincermi che da un giorno all'altro, oppure sull'arco di pochi mesi, le necessità mutino in modo tale da spiegare le valorizzazioni da capogiro di questi giorni. Il greggio non può che finire in una raffineria: non ci può essere un assorbimento repentino. E per costruire una raffineria ci vogliono anni. Le quantità di greggio che possono essere trattate sono sempre le stesse se non si aumenta il numero delle raffinerie. Inoltre ogni governo, attraverso il proprio servizio doganale, sa in ogni momento quale è la quantità di greggio, di benzine, di gasolio, eccetera che ha a propria disposizione. Ognuno sa se c'è una maggiore domanda, se vi sono problemi nella fornitura. Eppure in tutti questi mesi in cui si è terrorizzato il cittadino non ho sentito nessun governo affermare: "non vi preoccupate, siamo coperti. Per ora non ci sono problemi". Con questo non voglio affatto sminuire il problema energetico mondiale e la necessità di una visione e una strategia lungimirante che possa spostare i consumi verso altre fonti, ma vorrei che qualcuno, onesto perlomeno intellettualmente, abbia il coraggio di dire che oggi non esiste un problema di approvvigionamento, che la produzione è sufficiente e che la quotazione in borsa dell'oro nero è una iattura per la società. Molti pagano e pochi guadagnano. Sono anni che si parla di penuria, eppure non ci sono stati mai problemi di approvvigionamento. Neppure quando dall'Iran e dall'Iraq non usciva nemmeno una goccia di petrolio. Il mercato ha dovuto accettare che questi valori speculativi vengano ribaltati sul fisico, destabilizzando le società civili e provocando ogni genere di nefandezze. Questa speculazione potrebbe essere fermata anche da un singolo governo: dovrebbe chiedere semplicemente alle banche, che sono il tramite fra gli acquirenti e gli speculatori, quali sono le compagnie che acquistano e che tengono alto il prezzo del petrolio. Ma l'aumento del prezzo del petrolio torna comodo anche ad alcuni governi: l'aumento per i consumatori si trasforma in un aumento delle entrate delle tasse sui combustibili, dell'Iva, eccetera. I costi di questa speculazione cadono sulle spalle dei consumatori.
Ma l'instabilità politica in alcune importanti zone di produzione come il delta del Niger, il ruolo di Cina, India e altri nuovi giganti non hanno davvero nessun ruolo?
È fin da quando è bambino che le hanno messo in testa queste idee. Ci pensi: ogni volta che c'era un rialzo dei prezzi c'era un'instabilità da tirare in ballo e un nuovo paese emergente con maggior fabbisogno energetico.
Quali sono i meccanismi con i quali si attua la speculazione nel mercato del petrolio?
Vengono acquistati su carta dei lotti di greggio da 1'000 barili (133 tonnellate, ndr) attraverso le banche. Il meccanismo è semplice: chi compra è disposto a pagare il prezzo raggiunto dal mercato. Le compagnie petrolifere stesse, sempre più partecipate e controllate da fondi di investimento speculativi, buttano soldi in questo mercato. I fondi sono interessati a produrre situazioni di stress per il mercato di modo che si producano utili di breve periodo. Esiste anche un secondo tipo di speculazione: nei momenti di grande tensione vengono comperati carichi di greggio a bassi prezzi per poi rivenderli con grande profitto in seguito, una volta che si è gonfiato artificialmente il prezzo.
Oggi si sta rivendendo a caro prezzo petrolio acquistato precedentemente?
No. La speculazione di questi mesi è una speculazione di tipo "prezzo-quantità". Mi spiego. Anche se il petrolio è diventato più caro le compagnie petrolifere riescono a fare guadagni riversando il costo sui consumatori. Gli aumenti alla pompa di benzina o sui combustibili da riscaldamento sono cresciuti in maniera non proporzionale al prezzo del greggio. È come se cercassero un punto di equilibrio fra quello che tocca pagare loro e su quello che poi ci fanno pagare a noi. E alla fine ci guadagnano sempre. È interessante notare i movimenti borsistici del fenomeno della speculazione. In questi ultimi mesi il volume degli scambi nei tre mercati in cui è quotato il barile (Singapore per l'Estremo Oriente, Londra per l'Europa e New York per le Americhe) è cresciuto in maniera incredibile. Gli speculatori vendono titoli nei momenti in cui non vi vedono una possibilità di guadagno e spostano i capitali, con un click del mouse, sul petrolio. Per questo motivo le borse scendono mentre il prezzo del greggio sale. La liquidità è stata spostata su questa materia prima strategica. Il guadagno viene fatto attraverso l'attività commerciale, applicando dei prezzi più alti. Anche se una parte del greggio viene pagato ad un prezzo alto anche da loro, poi guadagnano 3-4 volte tanto tramite la rete di distribuzione.
Come mai proprio ora avviene questa speculazione? Perché è stato scelto questo momento?
Le avvisaglie di questo rialzo le avevamo già avute questa primavera. Eravamo stati avvisati. Con un'aspettativa redditizia al ribasso sui titoli borsistici l'attenzione degli speculatori si è spostata sull'oro nero. È così partita un'oliata macchina mediatica che da anni ci propina le stesse cose e che ci ha tenuto compagnia in questi mesi: instabilità in una tale regione, domanda accresciuta da un qualche paese. I governi che chiedono all'Opec di produrre di più. L'Opec che infine cede e aumenta la produzione. È un teatrino conosciuto che cela però una realtà fatta di speculazione e che è studiata sulla carta con largo anticipo.
In questi mesi si è aperto una nuova prospettiva sulla questione petrolio. Alcuni paesi hanno minacciato gli Stati Uniti di passare alla quotazione in euro abbandonando il biglietto verde. Una buona notizia contro la speculazione?
No. Non cambierebbe assolutamente nulla. Gli speculatori farebbero lo stesso gioco, sia che si tratti di euro, di dollari o qualsiasi altra moneta. Dovrebbero intervenire i governi, ma credo che è un tabù nelle nostre società.

Pubblicato il

11.01.2008 01:00
Can Tutumlu
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy

 

 

© Copyright 2023