Ubi minor laborat...

Dicevano qualcosa del genere i latini a proposito del lavoro minorile, no? Dove cominciano a lavorare i minorenni, è sottinteso, i maggiorenni si riposano. Ora io non voglio affermare che vi sia giustizia nel fatto che dei bambini dell’estremo Oriente cuciano i palloni da calcio per noi occidentali. Non è giusto. Soprattutto se pensiamo che i nostri se ne stanno pacificamente in panciolle. Dovrebbero imparare dai loro coetanei con gli occhi a mandorla cosa vuol dire lavorare e lavorare il prima possibile. Con quella bella spinta entusiastica che ti porta ad immetterti già in tenera età nei cicli produttivi. Com’è bello pensare ai bambini vietnamiti che costruiscono i giocattoli. È quasi un mondo parallelo fiabesco: bambini che lavorano per altri bambini. Chi meglio dei bambini può concretizzare i sogni dei bambini? Un adulto non può immaginarsi come vada realizzato il balocco sognato dai bimbi. E poi chi inizia precocemente a lavorare è più morbido anche nelle pretese salariali. I fanciulli – beata ingenuità – si accontentano di pochi spicci da mettere nel porcellino salvadanaio. Non si organizzano sindacalmente perché sono cose noiose da grandi. Per loro lavorare è un gioco. E quanta abilità in quelle pargolette mani con le dita ancora tenere e abili che si infilano in qualsiasi ingranaggio e che sono in grado di assemblare pezzi minuscoli. Obiettivi proibitivi per le dita rozze e tozze di un grande. Infine, tenere i fanciulli lontani dalla scuola non è poi così esecrabile. Inculcare troppe nozioni genera solo confusione e, come conseguenza estrema, può portare all’insorgere di moti di ribellione. Non bisogna avere il tempo di crearsi dei fantasmi, bisogna agire, lavorare. Iniziare presto a lavorare porta a una specializzazione non raggiungibile altrimenti. Di questo appunto ha bisogno il mercato: operai specializzati. Altro che generiche infarinature di cultura generale! Lasciamoci alle spalle la vivace industriosità dei paesi del Sol levante e torniamo a quelli del Sol calante. In effetti si fa subito notte. I nostri marmocchi schiacciati da un’opulenza creata esclusivamente da adulti non sono in grado di fare niente. Diventano prestissimo, ancora in fasce, consumatori. Basta vedere come sono costantemente fatti bersaglio di messaggi pubblicitari, soprattutto durante le manovre di avvicinamento al Natale. Ma, se è vero che assai presto cominciano a consumare, è altrettanto vero che indugiano parecchio prima di trasformarsi in soggetti economici produttivi. Io sono d’accordissimo che i bambini abbiano mille giocattoli convenzionali, elettronici e chi più ne ha più ne metta. Tutto questo va benissimo, è che dovrebbero anche essere in grado di comperarseli coi propri soldi. Cioè col frutto del proprio lavoro. Non dobbiamo educarli male perché non può sperare in un futuro radioso un paese che poggia sulle basi traballanti di un’infanzia infingarda. Auguriamoci tutti che quest’anno babbo Natale ai nostri figli porti un contratto di lavoro. Anche interinale che così capiscono subito come gira il mondo.

Pubblicato il

17.12.2004 14:00
Flavia Parodi
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