Un’altra sinistra è possibile

La sera del 20 dicembre ho seguito a lungo alla televisione spagnola la trasmissione elettorale. L’aspetto che mi ha più impressionato è stato il ripetuto tentativo dei conservatori di Rajoy e dei suoi tirapiedi mediatici di far passare per una vittoria quella che era una cocente sconfitta. In proposito, mi è tornato più volte alla mente il titolo del Corriere del Ticino (Cdt) all’indomani delle elezioni portoghesi di un paio di mesi fa “Nonostante l’austerità in Portogallo, vince la destra”, tant’è vero che oggi nel paese lusitano c’è un governo di sinistra… A ben rifletterci però questa tipica arroganza della destra ha un suo fondamento logico… È come se ci dicessero “al di là di ogni risultato elettorale, siamo ancora noi ad avere il potere vero, quello economico. Ed appena possibile, ve la faremo pagare”, come è stato recentemente il caso in Venezuela.


Ma torniamo alle elezioni spagnole: l’affermazione di Podemos apre una fase di conflitti sociali che possono avere degli sviluppi parecchio interessanti. Ma per rimanere al presente, mi pare ce ci siano subito tre insegnamenti da trarne. Il primo: una nuova formazione politica radicale può nascere solo da un movimento sociale, nel caso di Podemos dall’alleanza tra “sloggiati, studenti e precari”. In secondo luogo, Pablo Iglesias e i suoi ci insegnano che la sinistra radicale non può limitarsi ad avere il messaggio giusto, ma deve saperlo comunicare in modo non noioso, moderno ed accattivante, soprattutto per i giovani. Il terzo punto è quello forse più complesso: dopo il calo di consensi avuto da Podemos alcuni mesi fa sotto la pressione del ricatto tedesco (“se votate Podemos, finirete come la Grecia”), la “remontada” è avvenuta quando i tenori di Podemos, abbandonando la sola polemica anti-casta, hanno ripreso a concentrarsi sui temi sociali, ma anche grazie all’alleanza con le forze autonomiste in varie regioni.

 

Io credo che probabilmente è arrivato anche per noi il momento di porsi questo problema, fin qui sempre schivato per evitare di essere tacciati di leghismo. E cioè: la nostra polemica anti-capitalista dovrebbe basarsi anche su un’analisi dei meccanismi di sfruttamento imposti al Ticino dal grande capitale d’Oltralpe. Che sia questo il miglior modo per convogliare il giustificato malessere popolare in quella direzione e non contro i frontalieri, che proprio non hanno nessuna colpa?

 

A questo punto, ammettendo che qualcuno legga queste righe, ci sarà chi mi dirà: non metterla giù così dura, in fondo Podemos ha fatto poco più del 20%, all’incirca come il Pss in Svizzera.
Sì, però la politica ha solo marginalmente a che fare con l’aritmetica: basti pensare che Lenin ha fatto la rivoluzione con un partito che rappresentava all’incirca il 10% della popolazione. Decisivo è come si mettono in campo le forze che si hanno, al fine di accumularne poi altre.

 

E il Pss è oramai completamente imbrigliato nelle maglie della politica istituzionale borghese. Basterebbe a questo proposito leggere l’incredibile comunicato pubblicato il giorno dell’elezione del Consiglio federale, in cui si felicitavano tutti i membri del Governo nazionale (quindi anche liberali e Udc!) per la loro brillante rielezione! Una ragione di più per sperare in quella complessa operazione di rinascita che abbiamo appena lanciato con il progetto per la creazione di un Fronte Alternativo. Ma di questo vi parlerò un’altra volta.

Pubblicato il

20.01.2016 21:11
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