Un golpe per il pacchetto fiscale

«Un golpe per salvare il pacchetto fiscale». Così alcuni deputati della sinistra, riferendosi alla fretta imposta dal Consiglio federale, si sono espressi il 10 marzo scorso durante il dibattito parlamentare sulla progressione a freddo. Ma giudizi ancora più duri sono stati quelli della Conferenza dei governi cantonali, che hanno definito la manovra dell’esecutivo nazionale «un’aperta violazione dei diritti democratici», una procedura «anticostituzionale e politicamente poco seria». A sentire o leggere affermazioni di questo genere, il cittadino può pensare ad una crisi istituzionale, ad una spaccatura tra Confederazione e cantoni, ad uno sgretolamento del federalismo. Niente di tutto questo: in realtà il conflitto – che è comunque grave e non va sottovalutato – è prettamente politico. E come tale dev’essere considerato ed affrontato. Il pacchetto di sgravi fiscali 2001 era stato concepito, appunto tre anni fa, quale provvedimento compensativo delle misure di risparmio e del freno all’indebitamento scaturiti dalla famosa “tavola rotonda” (cioè dalla consultazione simultanea delle forze politiche e sociali su proposte suscettibili di raccogliere il più vasto consenso possibile in parlamento) voluta dall’allora ministro della finanze Kaspar Villiger per avviare un programma di risanamento dei conti pubblici. In origine si trattava di accentuare la disparità di trattamento fiscale, rispetto all’imposta federale diretta, tra coppie sposate e coppie non sposate: per il meccanismo di cumulazione dei redditi, a parità di condizioni (reddito e numero di figli) i coniugi pagano quasi quanto i semplici conviventi. Ma per venire a capo di tali sgravi fiscali, ci sono voluti due anni di discussioni parlamentari. Un lungo braccio di ferro dovuto sostanzialmente al fatto che i partiti borghesi utilizzavano l’argomento degli sgravi a favore delle famiglie per far passare misure di risparmio, ben più pesanti ed incisive a livello sociale, come i minori sussidi ai premi di cassa malattia, i tagli nell’Avs, nel secondo pilastro, nell’assicurazione disoccupazione, eccetera. E questo la sinistra non avrebbe mai potuto accettarlo. Per giunta, gli sgravi offerti alle famiglie erano modesti con i bassi redditi e proporzionalmente esagerati con i redditi alti (un esempio per tutti: due coniugi che lavorano con due figli ed 80 mila franchi di reddito pagherebbero 154 franchi di meno all’anno; la stessa coppia con due figli e 200 mila franchi di reddito risparmierebbe 3'037 franchi all’anno, vale a dire una somma 19,7 volte più grande). Inoltre, agli sgravi fiscali per le famiglie ne sono stati aggiunti altri due, che non c’entrano affatto: quello relativo alla tassa di bollo su alcune operazioni finanziarie, e quello a favore dei proprietari d’abitazione propria (abolizione del valore locativo come valore imponibile). Ed anche qui: a chi abita in un appartamento proprio viene risparmiata una tassa modesta; a chi possiede una villa con valore locativo elevato viene fatto un regalo molto più consistente. Riduzione del bollo e sgravi immobiliari, aggiunti ai provvedimenti a favore della famiglia, hanno finito per costituire il “pacchetto fiscale 2001”: un mostro d’incoerenza normativa e giuridica, adoperato come strumento politico dai partiti borghesi, contro il quale s’è levato il referendum promosso dai cantoni (che ci rimettono soprattutto a causa del regalo fiscale ai proprietari d’immobili) ed appoggiato dalla sinistra. E come se questo pasticcio non bastasse, durante i due anni di discussione e persino al momento dell’approvazione, parlamento e governo si sono incredibilmente “dimenticati” della compensazione della progressione a freddo. Sui giornali, a fine gennaio scorso, era stato sollevato il sospetto che il Consiglio federale volesse lasciar passare sotto silenzio la faccenda, per recuperare almeno una parte degli sgravi fiscali evitando di compensare la progressione a freddo. Il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz veniva chiaramente accusato di volere “zitto zitto prelevare più tasse”. A riprova, si citava una dichiarazione del portavoce del governo, secondo cui il consigliere federale Merz era impegnato in colloqui con partiti e cantoni. E questa faceva sospettare che Merz prendesse le cose alla larga, tanto per guadagnare tempo. Inoltre, a conclusione della seduta di clausura del governo del 28 gennaio, il ministro dell’economia Joseph Deiss dichiarava che il Consiglio federale voleva risanare il bilancio soprattutto tagliando le spese, ma senza escludere in anticipo nuove entrate: in quella riunione si sarebbe esaminata anche la possibilità di rinunciare alla compensazione della progressione a freddo. Le spiegazioni date in seguito da Merz sulla “dimenticanza” di governo e parlamento, non sono però servite a diradare ogni dubbio. Il ministro ha allargato le braccia e ha detto che si trattava di «un mistero» che lui non avrebbe potuto spiegare. L’unica spiegazione possibile è che, quando è stato scritto il messaggio del Consiglio federale sul pacchetto fiscale, la scadenza della progressione a freddo sembrava così lontana da non essere vista come un problema. In ogni caso, evitare di compensare la progressione a freddo sarebbe stato in contraddizione con la politica dello stesso Merz, del suo collega Blocher e di Economiesuisse, che vogliono abbassare la pressione fiscale, a qualunque costo. Quindi, ammesso che ci fosse stata una mezza idea del governo di rinunciare alla compensazione della progressione a freddo, Merz e i partiti borghesi devono averla cambiata all’inizio di marzo. Non si spiegherebbe altrimenti la precipitazione con cui lo stesso Merz ha chiesto e praticamente imposto al parlamento la procedura d’urgenza, per approvare un provvedimento che avrebbe potuto benissimo aspettare dopo il 16 maggio (cioè dopo il voto popolare sul pacchetto fiscale), visto che la progressione a freddo verrà compensata soltanto nel 2007. Una manovra di forza, un “golpe”, appunto, per rendere più seducente il pacchetto fiscale. Quando si parla di “progressione a freddo” s’intende l’aumento del carico fiscale sul contribuente per il passaggio ad un’aliquota d’imposta più alta, causato dalla crescita nominale del reddito dovuta esclusivamente al rincaro. In altre parole, se il reddito di una persona fisica aumenta anno dopo anno per effetto della compensazione del rincaro, finisce che tale reddito viene tassato in base ad aliquote sempre più alte. Ma se nello stesso tempo il reddito in questione non viene aumentato in termini reali, cioè al di sopra del tasso d’inflazione, al danno si aggiunge la beffa. Dopo un certo tempo, infatti, le imposte corrisponderanno ad un reddito nominalmente più alto, ma che ha un valore reale, cioè un potere d’acquisto, praticamente sempre uguale. E così il fisco si prende una fetta crescente di un reddito che non produce maggiore benessere. Per correggere questa spontanea evoluzione delle imposte, a livello federale la legge stabilisce che la progressione a freddo venga compensata ogni volta che l’inflazione, cumulata anno dopo anno, raggiunge il 7 per cento. Il Consiglio federale deve allora modificare le aliquote e le deduzioni relative all’imposta federale diretta, in modo che quel 7 per cento venga recuperato e si ristabilisca il rapporto iniziale tra imposta e reddito. La compensazione della progressione a freddo si fa dal 1985. Finora è accaduto cinque volte, l’ultima nel 1996 rispetto all’inflazione raggiunta al 31 dicembre 1995. Da allora, l’inflazione cumulata si prevede che sarà del 6,5 per cento alla fine del 2004. Senza il provvedimento approvato la settimana scorsa, si sarebbe dovuto calcolare – secondo gli esperti del Dipartimento federale delle finanze – un’inflazione cumulata del 7,6 per cento alla fine del 2006. In queste settimane che precedono la votazione popolare del 16 maggio, è inevitabile assistere ad un balletto di cifre su vantaggi e svantaggi del pacchetto fiscale, diverse a seconda di chi le presenta. Il problema non è tanto l’esattezza dei dati citati, che provengono tutti dalla stessa fonte (il Dipartimento federale delle finanze), ma la loro omogeneità. Inevitabilmente, vengono sempre riportati dati parziali (scelti per suffragare la propria tesi), mentre per essere esaurienti occorrerebbe pubblicare tutte le tabelle complete: cosa difficile da fare, se non altro per ragioni di spazio. Perciò nessuno, senza dette tabelle, potrà sapere con esattezza se e quanto risparmierà con il pacchetto fiscale. Ma un’idea è possibile farsela, per approssimazione. Due coniugi che lavorano, con due figli a carico, risparmiano 66 franchi, o 154, o 409, a seconda se guadagnano rispettivamente 70, 80 o 100 mila franchi. Ma se guadagnano 150 o 200 mila franchi, il risparmio sarà rispettivamente di 1’227 o di 3’089 franchi. Se si tratta di una coppia non sposata, i vantaggi sono minori: con 100 mila franchi di reddito, per esempio, il risparmio è di 177 franchi (contro 409 dei coniugi) e di appena 78 franchi con 150 mila di reddito; a 200 mila d’imponibile c’è invece un leggero aumento dell’imposta: da 2’940 a 3’396 franchi (+456). Se a lavorare è un solo coniuge, sempre con 2 figli, il risparmio è di 73, o 199, o 448 franchi per un reddito rispettivamente di 60, 80, o 100 mila franchi. Se l’imponibile tocca i 150 o i 200 mila franchi, il risparmio sarà rispettivamente di 1’110 e 3’226 franchi. Improponibile il confronto con la coppia non sposata di cui un solo membro lavora, che, sempre con 2 figli a carico, si vedrà aumentare l’imposta federale diretta a partire dai 60 mila franchi di reddito ed in misura variabile tra il 20 e l’80 per cento. Ecco, queste più o meno sono le proporzioni che si ripetono per ogni tipo di famiglia o di economia domestica: ci guadagna chi è sposato, ci perde chi semplicemente convive. Ma per chi ha un reddito di 150-200 mila franchi, la convenienza rispetto a chi dispone di redditi medio-bassi è comunque molto maggiore, sia in termini di risparmio (fino a 20 volte di più), sia in termini di un contenuto aumento dell’imposta.

Pubblicato il

26.03.2004 01:30
Silvano De Pietro
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