Un paracadute per gli over 55

Prolungare il diritto alle indennità dei disoccupati anziani per evitare loro l'assistenza

Perdere il posto dopo i 55 anni significa sempre più spesso uscire definitivamente dal mondo del lavoro ed entrare nella spirale dell’aiuto sociale, anche per le persone qualificate. Come emerge da un documento della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale (Csias) presentato pochi giorni fa, i dati sono piuttosto allarmanti. Anche se il nostro parlamento sembra non accorgersene (o non volersene accorgere). La Csias formula invece una proposta: modificare la Legge sulla disoccupazione in modo che per gli ultra 55enni disoccupati non si esaurisca mai il diritto alle indennità.

Questa categoria di persone, osserva la Csias, incontra particolari difficoltà a ritrovare un impiego e la proporzione di coloro che giungono alla fine del diritto alle prestazioni della disoccupazione è superiore alla media. E per costoro non c’è quasi mai la possibilità di trovare un lavoro che consenta di sopravvivere: di qui l’inizio di un declino sociale e finanziario che si protrae fino all’età della pensione e che inevitabilmente conduce all’assistenza sociale.


Tra il 2010 e il 2016 in Svizzera il numero di beneficiari dell’aiuto sociale di età superiore ai 55 anni è aumentato di oltre il 50 per cento. Una crescita che si spiega solo in parte con l’evoluzione demografica, visto che nel medesimo periodo la proporzione di persone tra i 55 e i 64 anni nella popolazione totale è cresciuta solo del 12 per cento. E l’aumento dei casi di assistenza non è che la punta dell’iceberg del problema: «Riteniamo che la maggior parte di coloro che esauriscono il diritto alla disoccupazione non richiedano l’aiuto sociale, ma sopravvivano fino alla pensione con aiuti provenienti da risorse private», spiega Felix Wolffers, copresidente della Csias.


Dai dati emerge che anche le persone qualificate sono ugualmente toccate dal fenomeno. E anche per loro, nonostante la buona formazione, il reintegro nel mercato del lavoro è pressoché impossibile. Anche perché, una volta finiti alle dipendenze dell’aiuto sociale, il processo di disintegrazione dalla realtà professionale è già in stato avanzato. Sarebbe pertanto «più sensato che le persone con più di 55 anni non giungano mai all’esaurimento del diritto all’assicurazione disoccupazione», afferma la Csias. Secondo il modello presentato, queste persone dovrebbero rimanere affiliate all’assicurazione contro la disoccupazione fino al raggiungimento dell’età della pensione e continuare ad essere piazzate sul mercato del lavoro tramite gli Uffici regionali di collocamento. Questa soluzione, afferma la Csias, permetterebbe un migliore e più rapido reinserimento nel mercato del lavoro e nel contempo di scaricare i Comuni, che sono i primi a essere colpiti nelle loro finanze dal crescente ricorso all’aiuto sociale. Aiuto sociale che «non rappresenta una buona soluzione per persone che hanno lavorato quasi tutta la vita e che continuano a cercare un impiego», rileva dal canto suo Nicolas Galladé, municipale di Winterthur e presidente dell’Iniziativa delle città.
La Csias si dice certa che il modello proposto non produrrebbe costi supplementari: «L’economia ha il potere di controllare i costi reclutando un numero crescente di disoccupati anziani», commenta Felix Wolffers. E poi, conclude la copresidente Therese Frösch, s’impone anche di «trattare queste persone con il rispetto che meritano».


Iniziativa parlamentare
La problematica dei disoccupati anziani è anche oggetto di dibattito in Parlamento, grazie a un’iniziativa parlamentare presentata dal consigliere nazionale socialista (e membro della direzione nazionale di Unia) Corrado Pardini, che chiede speciali tutele dal licenziamento. Si tratterebbe in particolare di adeguare la legge, affinché il datore di lavoro non possa disdire il rapporto d’impiego se il lavoratore ha compiuto 55 anni, dimostra di avere svolto almeno dieci anni di lavoro e al momento della disdetta il datore di lavoro non può provare che essa non porti a sostituire il lavoratore in questione con un altro meno caro. Per ora, la proposta non sembra però raccogliere consensi: lo scorso 26 gennaio la maggioranza della Commissione degli affari giuridici del Nazionale l’ha bocciata (con 18 voti contro 7), ritenendola “illiberale” e “controproducente”. Ora il dibattito si sposta nel plenum.

Le proposte formulate sono condivisibili, ma serve un intervento più profondo. Questo, in sintesi, il parere di Roberto Ghisletta, responsabile della Cassa disoccupazione di Unia Ticino e Moesa, sulla presa di posizione della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale.

 

«Primo passo, ma serve altro»
«Possono essere una prima possibile risposta alla realtà, triste, con la quale sono confrontati tante lavoratrici e tanti lavoratori, che perdono il lavoro ad un età oramai prossima al pensionamento, fatta di porte chiuse in faccia perché si è considerati troppo “vecchi” per lavorare, di preoccupazioni finanziarie (“come arrivo al pensionamento?”) e di rinunce e sacrifici (dopo una vita di lavoro) e, non da ultimo, dal disonore di dover far capo all’aiuto dell’assistenza sociale. La vergogna, il disonore, sono sentimenti forti in chi non riesce a trovare un impiego con le proprie competenze e con la propria esperienza, in chi non può più garantire il sostentamento finanziario alla propria famiglia, scaricato dal datore di lavoro solo perché per la sua età è troppo caro in termini di contributi sociali e soprattutto di 2° pilastro».
«Allora ben venga – prosegue Ghisletta – una riflessione e un confronto sul prolungamento del diritto alle prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione per coloro che hanno lavorato almeno 20 anni e hanno già compiuto i 55 anni. Se accompagnato però da incentivi a favore delle aziende che assumono questi lavoratori senza impiego e che garantiscono delle giuste condizioni contrattuali e salariali. La disoccupazione colpisce meno frequentemente coloro che hanno cinquanta o più anni rispetto a chi è più giovane, ma quando colpisce fa più male». «Il vero cambiamento – conclude Ghisletta – deve essere però ben più profondo e di altra natura, andando a cancellare tutte quelle misure di messa in concorrenza dei lavoratori per la loro età. Per esempio attraverso un nuovo sistema previdenziale non più fondato su tre pilastri (di cui un paio malfermi e non a sostegno di tutti i lavoratori) ma su uno solo e ben saldo, fatto da un’Avs solida e sociale».

Pubblicato il

01.03.2018 10:48
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