"Un reddito di base per ogni residente in Svizzera"

Un anziano su cinque a rischio di povertà. Per Sergio Rossi vanno riformate le assicurazioni sociali. L'economista propone una perequazione finanziaria tra le casse pensione dei cantoni.

Dopo i Bitcoin e gli accordi con El Salvador, la guerra in Ucraina, il rincaro dei prezzi al consumo, dei costi energetici e la batosta delle casse malati, ecco un’altra notizia poco “rassicurante”: secondo un recente monitoraggio, in Svizzera un anziano su cinque è povero o a rischio di povertà. Di fatto, 300mila anziani vivono sulla soglia di povertà, mentre altri 46mila si trovano in una situazione che Pro Senectute definisce «senza speranza».

 

Quanto saremo poveri da vecchi? Pro Senectute, con la Zürcher Hochschule für Angewandte Wissenschaften e l’Università di Ginevra, ha condotto un’indagine e i dati che emergono riflettono i cambiamenti negativi in atto, travolgendo le persone della terza età. E, nulla di nuovo sotto il sole (o nella Sonnenstube): in Svizzera gli anziani più colpiti dalla povertà si trovano in Ticino. All’economista Sergio Rossi, che dalla sua cattedra all’Università di Friborgo si occupa di dinamiche sociofinanziarie, abbiamo chiesto di leggere con noi e commentare i risultati di questo nuovo studio sulla povertà, che mette sull’attenti.

 

Professor Rossi, categoria dopo categoria, in Svizzera nessuno sembra essere più al sicuro all’interno del sistema. Dopo i timori per i giovani affinché riescano a trovare un lavoro correttamente retribuito, dobbiamo ora anche preoccuparci per ciò che sembrava una conquista: la pensione. Come interpreta questo ennesimo segnale negativo che colpisce i cittadini?

Non si tratta di un segnale sorprendente, visto che purtroppo i problemi nel mercato del lavoro si trascinano da molti anni e si sono aggravati recentemente per svariate circostanze che esulano dal contesto nazionale. Le rendite del primo e del secondo pilastro del nostro sistema pensionistico sono legate in diversi modi all’andamento economico: queste rendite dipendono dal livello dei salari percepiti dalle persone assicurate durante la loro attività professionale e dai rendimenti finanziari che le casse pensioni riescono a incassare nei mercati finanziari e dell’immobiliare. Molte persone del ceto medio non hanno ricevuto uno stipendio sufficiente per risparmiare nel corso della loro vita attiva in modo da completare le rendite pensionistiche. I lavoratori poveri sono perciò solitamente destinati a essere dei pensionati poveri.

 

Dallo studio emerge che, per la maggior parte, il sistema svizzero della previdenza per la vecchiaia, con i suoi tre pilastri, garantisce la sussistenza: circa l’86% percepisce una rendita in grado di coprire il fabbisogno vitale. Preoccupante invece le circa 46mila persone che, non hanno beni propri cui attingere, e hanno l’acqua alla gola. Come inciderà la riforma LPP21 appena votata?

La riforma LPP21 è un'azione cosmetica: sostanzialmente non cambierà la situazione del secondo pilastro nel suo insieme, in quanto la riduzione del tasso minimo di conversione dovrebbe essere compensata dalla riduzione della deduzione di coordinamento e dalle misure transitorie per le persone che andranno in pensione nei prossimi 15 anni. Un problema però ci sarà e toccherà una parte della popolazione femminile. La riduzione dal 6,8% al 6% del tasso minimo di conversione causerà un calo notevole della rendita del secondo pilastro, in particolare per numerose pensionate che durante la vita attiva hanno lavorato a tempo parziale, magari anche in modo intermittente a seguito di interruzioni dovute alla gravidanza e alla cura della famiglia. La riduzione dei contributi sociali versati dai lavoratori e dalle lavoratrici che hanno più di 45 anni è solo uno specchio per le allodole, visto che queste persone fanno solitamente più fatica dei giovani ad avere un posto di lavoro, soprattutto se le loro qualifiche professionali sono superate dal progresso tecnologico.

 

Che cosa significa per un Paese non garantire il necessario sostentamento alla propria popolazione anziana?

Significa ignorare il contributo socioeconomico fornito da questi lavoratori, che generalmente hanno un ruolo da svolgere all’interno della famiglia e della società. Si pensi all’accudimento dei nipoti quando entrambi i genitori devono lavorare a tempo pieno, oppure alla trasmissione delle loro competenze professionali quando affiancano dei giovani che si affacciano al mercato del lavoro, senza dimenticare che la popolazione anziana è pure importante in quanto si tratta di consumatori la cui spesa sostiene in misura notevole le attività economiche svolte nel loro cantone di residenza.

 

Nello studio si indicano i gruppi a rischio: donne, stranieri, divorziati e persone prive di formazione post-obbligatoria. In una società in trasformazione e sempre più precaria dal punto di vista della sicurezza professionale, si può immaginare che lo spettro delle categorie a rischio potrebbe allargarsi? Quali pericoli vede?

Il numero delle persone appartenenti a questi gruppi a rischio è già elevato e continuerà ad aumentare nell’arco dei prossimi anni, a causa del neoliberismo che detta le scelte sia aziendali sia politiche. Ciò aumenta il senso di insicurezza nella popolazione, nuocendo così all’andamento delle attività economiche. I conflitti sociali saranno dunque sempre maggiori, aumentando anche le difficoltà professionali e i problemi sociopsichiatrici per le persone che non guadagnano uno stipendio sufficiente per condurre una vita dignitosa in Svizzera.

 

La garanzia del minimo vitale è un tema centrale sul piano sociopolitico. Come deve intervenire lo Stato per proteggere le rendite di vecchiaia?

Sul piano federale la politica dovrebbe procedere con una riforma strutturale, anziché solo effimera, del sistema previdenziale. Il finanziamento delle rendite dell’Avs dovrà essere assicurato tramite il prelievo di una microimposta sul traffico dei pagamenti che sono svolti senza l’uso di denaro contante, affinché tutte le transazioni finanziarie siano partecipi di questo finanziamento – invece di continuare ad aumentare l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto, perché ciò riduce la capacità di acquisto nel mercato dei prodotti. Il secondo pilastro dovrà essere riformato affinché le casse pensioni non catturino più i rendimenti nei mercati finanziari, ma contribuiscano alla crescita del reddito nazionale, investendo nell’economia reale i risparmi forzati dei loro assicurati attivi. Le rendite di vecchiaia devono permettere a chi le riceve di condurre una vita dignitosa. Lo Stato deve trovare il modo corretto di finanziarle, anche per aumentare entro i confini nazionali il livello della coesione sociale profondamente sgretolata dalle politiche neoliberiste messe in atto negli ultimi quaranta anni.

 

Non si corre il rischio di quarti, quinti e sesti pilastri solo per chi ha la possibilità di stipulare e pagare assicurazioni private per la vecchiaia? E con quali conseguenze?

La tendenza è quella di stimolare i risparmi privati, ma il numero di persone che ha la capacità finanziaria per farlo sta diminuendo. Questo sistema della previdenza privata è inteso a favorire le banche, che guadagnano degli utili dalla loro gestione di queste somme colossali. Tuttavia, questi profitti non “sgocciolano” in alcun modo nell’insieme dell’economia. Quando poi scoppia una crisi a causa di investimenti errati, perché troppo rischiosi, le società finanziarie, che ne sono all’origine, non sono in alcun modo sanzionate, benché a farne le spese siano in generale le persone meno abbienti, non fosse altro a seguito della riduzione delle rendite versate dalle casse pensioni.

 

Il monitoraggio della povertà evidenzia grandi differenze fra i cantoni: gli anziani più colpiti dalla povertà sono residenti in Ticino (30% di pensionati che vive in condizioni precarie), mentre Basilea registra il tasso di indigenza più basso (6%). Quali sono le cause di queste differenze e come porvi rimedio?

Le differenze intercantonali sono il risultato dei differenziali di stipendio ricevuto nel corso della vita attiva dalle lavoratrici e dai lavoratori. Visto che in Ticino gli stipendi sono mediamente inferiori a quelli del resto del Paese, ciò si ripercuote negativamente sul livello pensionistico. Per porvi rimedio a lungo termine, sarà necessario aumentare gli stipendi del ceto basso e di quello medio versati in Ticino. A breve termine, invece, si potrebbe introdurre una sorta di perequazione finanziaria tra le casse pensioni nei vari cantoni. Ciò permetterebbe pure di aumentare la coesione sociale, che la concorrenza fiscale intercantonale sta sgretolando sempre più per soddisfare gli interessi dei politici al governo.

 

Proposte per contrastare il fenomeno della povertà?

Bisogna attuare una riforma radicale del sistema delle assicurazioni sociali, che hanno ormai dimostrato i propri limiti di carattere finanziario e amministrativo. Un reddito di base incondizionato versato a ogni persona residente in Svizzera rappresenta una valida soluzione a questi problemi. A questo riguardo è in corso la raccolta firme per una iniziativa popolare federale che va in questo senso. Il termine di raccolta scade a marzo 2023 e attualmente mancano circa 40mila firme per poter sottoporre l’iniziativa al voto popolare. I tempi sono maturi, ma sarà difficile far capire al popolo l’importanza socioeconomica di questo cambio di paradigma nelle assicurazioni sociali.

 

Pubblicato il

25.11.2022 15:26
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