A briglie sciolte

Che il cosiddetto mercato sanitario sia retto dall’offerta e non dalla domanda, lo insegnano già, credo, se non proprio alle Elementari almeno alle Medie. Questa particolarità del mercato sanitario fa sì che automaticamente, per le leggi dell’economia, ogni ulteriore liberalizzazione del sistema produca un nuovo aumento dei costi. E che non si tratta di pura teoria, lo dimostra empiricamente e senza eccezione, tutta l’esperienza internazionale. Così per esempio mentre gli Stati Uniti, campioni mondiali della liberalizzazione del mercato sanitario, spendono quasi il 18% del loro Pil per la salute (nonostante l’esclusione da esso di una quarantina di milioni di persone), il Canada, dove il sistema è basato sulla cassa malati unica e il budget globale è dettato dallo Stato, ne spende grossomodo la metà, con risultati praticamente uguali, se non addirittura migliori.


Da noi sono ormai solo i politici borghesi e i media mainstream che, facendo finta di non conoscere questi dati di fatto, continuano a predicare che per diminuire i costi della salute bisogna aumentare la concorrenza nel sistema sanitario. L’unico risultato sin qui ottenuto, oltre naturalmente all’aumento della spesa sanitaria, è stato lo stravolgimento dello spirito sociale originario della LAMal, diventata ormai, privatizzazione dopo privatizzazione, una macchina per fare soldi da parte delle casse malati e delle cliniche private. Ma ciò era probabilmente proprio il loro scopo inconfessabile.


Queste considerazioni vanno tenute presenti per cercare di capire la decisione, di primo acchito quasi incomprensibile, degli azionisti, tutti o quasi medici, della Santa Chiara SA di venderla, l’omonima clinica di Locarno, non all’Ente Ospedaliero Cantonale (Eoc), che aveva fatto l’offerta di gran lunga migliore, ma al gruppo Moncucco, che offriva poco più della metà. Il ticinese medio attendeva una decisione diversa, anche perché nel materiale propagandistico che era stato ampiamente diffuso qualche anno fa a sostegno della nuova legge Eoc, che prevedeva la possibilità di società anonime tra pubblico e privato, erano state dettagliatamente descritte le molte sinergie facilmente realizzabili tra l’Ospedale La Carità e la Clinica Santa Chiara. Il popolo aveva poi giustamente respinto questa legge, non gradendo inciuci poco chiari e la possibilità per l’ente pubblico di creare società anonime.

 

Ma tutto il Ticino si rende conto che una fusione tra la Clinica Santa Chiara e la Carità rappresenterebbe un chiaro miglioramento qualitativo di un’offerta sanitaria ben coordinata, garantendo allo stesso tempo un’ottimale razionalizzazione del sistema. Ora invece, in un mercato dominato dall’offerta, quest’ultima esploderà nel Sopraceneri con evidenti ridondanze, di cui ne faranno poi le spese le casse cantonali e tutti coloro che pagano i premi delle casse malati. Due sono le ragioni fondamentali della decisione presa dagli azionisti. Dapprima la parte più reazionaria della classe medica ha un odio quasi viscerale contro tutte le istituzioni dello Stato, in quanto teme che quest’ultimo possa in un modo o nell’altro limitare le oggi quasi infinite possibilità di guadagno della medicina privata. D’altra parte se è vero che i medici azionisti avrebbero intascato un gruzzolo superiore grazie all’offerta Eoc, essi ben sapevano che in seguito (Cardiocentro docet!) sarebbero poi rientrati in una struttura che perlomeno regola e limita un pochettino le possibilità di guadagno. Perciò hanno preferito l’offerta di Moncucco. Questa offriva sì il classico uovo oggi, ma nel frattempo garantiva, contrariamente al detto popolare, anche e forse soprattutto la gallina domani. C’è solo da sperare che in un giorno non troppo lontano la volontà popolare sappia strappare dalle mani rapaci di lor signori la gallina dalle uova d’oro.

Pubblicato il 

27.05.21
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