Una giornata nel bisogno

“Non sono tagli, ma è un contenimento della spesa che non inciderà sui bisogni della gente”, è più o meno questa la tiritera che si sente ripetere chi appoggia il referendum Sos – sanità socialità scuola – e vota “no” al decreto legislativo il prossimo 12 marzo. Ad ascoltare la teoria con il plafonamento allo 0,5 per cento per due anni dell’aumento dei contributi ad enti quali case anziani, istituti per invalidi, asili nido, servizi di aiuto a domicilio, ospedali e scuole comunali sembra quasi che tutto sarà indolore. Ma almeno per il Servizio trasporti persone bisognose (Stpb) – che abbiamo seguito per un giorno nel suo lavoro quotidiano – la faccenda non sta affatto così. L’Stpb è una piccola struttura con sede a Biasca che copre i bisogni di trasporto per fini prevalentemente medici di anziani, malati, persone con handicap e bambini delle Tre Valli. Questa mattina Stefano Maggini – uno degli autisti della Stpb – alle 6:30 era ad Olivone nonostante la neve. «Il signore che abbiamo portato stamattina deve fare la dialisi – ci racconta l’autista che in una delle tappe a Bellinzona ci fa salire sul pulmino –. Se non eravamo noi che andavamo a prenderlo toccava alla Rega, perché per lui è una questione di vita o di morte. Ora andiamo a riprenderlo. Nel frattempo ci abbiamo fatto stare un altro giro e accompagniamo anche Salvatore». Eccezionalmente – a causa delle forti nevicate – sul pulmino questa volta sono in due, con Maggini c’è anche la collega Daisy Pedretti. «Le persone non sono pacchi postali – ci dice mentre siamo in viaggio –. Chi fa questo lavoro deve avere un po’ di cuore». Giunti in ospedale i due autisti ne approfittano per tirare il fiato mentre l’utente segue la sua terapia. «Non sappiamo davvero come andrà a finire con questi tagli, già oggi siamo al limite con il numero di chiamate che negli ultimi anni è raddoppiato», dice Stefano. «Già – aggiunge Daisy –, Wilma (Bergometti, la responsabile del Stpb, si veda l’articolo sotto, ndr) ci ha detto che se andiamo di questo passo dovremo cominciare a dire no alla gente, che non possiamo portarli all’ospedale. Ma come fai a fare una cosa del genere? Noi ci siamo affezionati alle persone, come facciamo a decidere di dire sì a uno e no all’altro?». Mentre discutiamo si informano più volte dai medici a che punto sono i loro “clienti” perché più tardi bisogna «andare a prendere Antonietta a Traversa (in Val di Blenio, ndr) che deve fare fisioterapia a Biasca». Sarà difficile combinare tutti i trasporti, dicono. Per fortuna che all’ospedale giunge un’altra collega che può portare il signore della mattina. Noi ci occupiamo di portare ad Olivone Salvatore. Giungiamo un po’ in ritardo rispetto alla tabella di marcia perché «non si sa mai quanto può durare la visita dal medico. Poi con i dottori privati e oculisti non ne parliamo. A volte quando torniamo da un giro ritroviamo l’utente ancora in sala d’aspetto». Stefano e Daisy chiedono a Salvatore come è andata la visita dal medico. Lui è visibilmente felice di poter raccontare «ai miei amici come vado io». Arrivati a destinazione, dopo una controllata veloce all’orologio, i due autisti decidono che non c’è tempo per tornare a Biasca e pranzare, «non ne vale la pena perché dobbiamo essere a Traversa fra 30 minuti». Ad Olivone l’unico bar aperto di lunedì non fa neppure i toast, «oggi si beve soltanto, capita spesso di saltare il pranzo», dice Daisy con filosofia. Prossima tappa a Traversa. Daisy scende a suonare il campanello e fa salire con cura Annunziata (nella foto in pagina) sul pulmino. A Biasca c’è un’altra persona da prendere, Monica. Il viaggio è breve perché il posto dove lavora è a Biasca ma a causa di un handicap non le è possibile fare la tratta da sola. Sono le 14:15, gli stomaci sono vuoti, facciamo sosta alla sede della Stpb dove Wilma Bergometti ci spiega quali saranno le conseguenze per la struttura se il 12 marzo passa il “sì” (si veda l’articolo sotto). Subito dopo si riparte per Traversa a riportare a casa Annunziata che ha finito la terapia. Una telefonata della responsabile informa gli autisti che c’è qualcuno da andare a riprendere a Lugano. Arrivati a destinazione noi ne approfittiamo per scendere. Stefano e Daisy arriveranno a casa invece alle 18 di sera, «e oggi non è stata neanche fra le giornate più stressanti». Meno corse, meno aiuti «Fermo lì, non si muova! Fra mezz’ora passa un furgone a prenderla, abbiamo un viaggio proprio in quella zona», Wilma Bergometti responsabile del Servizio trasporti persone bisognose (Stpb) il tempismo ormai ce l’ha nel sangue. Quando la incontriamo di persona ad inizio pomeriggio – dopo aver trasportato per mezzo Sopraceneri gli utenti del giro mattutino (si veda l’articolo sopra) – è china sul programma della settimana. «Guardi qua, vede quanta gente che ha bisogno. Quelli evidenziati in rosa sono i disabili. Domani dobbiamo gestire 27 chiamate», ci dice senza alzare l’occhio dal foglio. Quando la settimana scorsa Wilma Bergometti ha assistito al dibattito in televisione sul referendum Sos – Sanità, socialità e scuola, che sarà in votazione il prossimo 12 marzo, non le sono proprio andate giù le rassicurazioni di chi in studio sosteneva che con il blocco allo 0,5 per cento dell’aumento ai finanziamenti ad enti come il Stpb non ci sarebbero state grosse ripercussioni. E che, anzi, tali servizi sarebbero stati così spinti a diventare più “efficienti”. Tanto che ha preso il telefono e ha chiamato per fare una domanda precisa a chi era in studio: quale saranno le conseguenze per le strutture piccole come la nostra? Quasi per controbilanciare la sua furia la sanguigna responsabile all’appuntamento ha invitato anche l’amministratore del Stpb Ignazio Leonardi che gestisce la contabilità di questo servizio senza scopo di lucro. «È paradossale – ci spiega con calma il contabile –, perché con il sussidio cantonale bloccato ci obbligano a mettere un tetto massimo di chilometri annuali oltre il quale non siamo più coperti. Insomma più lavoriamo peggio è. Ci converrebbe smetterla di pubblicizzare il nostro servizio». Dopo aver appreso dal preventivo 2006 che i 90 mila franchi di contributo che ricevono annualmente non potranno crescere oltre la fatidica soglia dello 0,5 per cento (cioè in questo caso di 450 franchi all’anno) l’Stpb si è subito messo al lavoro per capire cosa ne sarà del suo futuro e cosa comporta in cifre il “contenimento della spesa”. Wilma Bergometti lascia ancora che sia l’amministratore a spiegare per filo e per segno gli effetti del rigore finanziario: «abbiamo calcolato che d’ora in avanti non potremo andare oltre ai 200 mila chilometri all’anno e già oggi viaggiamo su questo chilometraggio. Siamo già al limite mentre il bisogno della gente cresce». Cosa comporta concretamente allora il “contenimento”? A sentire nuovamente la parola “contenimento” la signora Bergometti non si trattiene più: «questi sono tagli porca miseria! Guardi che noi quei 450 franchi in più li facciamo fuori solo per il caro-benzina. Qua si sta risparmiando sulla pelle della gente che ha più bisogno». Per l’Stpb ci sono solo due vie possibili se passa il “sì” al decreto legislativo il prossimo 12 marzo. La prima è quella di cominciare a dire “no” agli anziani, ai disabili e ai bambini che hanno bisogno di essere trasportati dal medico, sul posto di lavoro, dalla logopedista, eccetera. Ma su quali basi dovranno negare il servizio? Diranno no al malato che trasportano più volte a settimana da Airolo a Bellinzona per la radioterapia per la cura contro il cancro? Oppure no a chi deve fare imperativamente la dialisi? «Ci spingono a scegliere fra chi ha bisogno – ci dice la responsabile –, a fare selezione. È una mentalità vergognosa. Lancio un invito a tutti i fautori del sì: venite a fare una settimana qui da noi e a scegliere chi potrà usufruire del servizio e chi no. Perché noi non vogliamo fare il lavoro sporco». L’altra possibilità che gli resta è quella di raddoppiare le tariffe del servizio per gli utenti. Attualmente le direttive cantonali impongono 60 centesimi di franco al chilometro più 5 franchi per chiamata a chi usa questi servizi di trasporto. Il contabile ci spiega che la tariffa che gli permetterebbe di «stare a galla» dovrebbe salire a 1,30 franchi al chilometro. Wilma Bergometti porta l’esempio di una delle persone incontrate in mattinata. La sua spesa annuale per il solo trasporto per le tre dialisi settimanali che deve fare ammonta a 14 mila franchi annuali, questa cifra si raddoppierebbe toccando i 28 mila franchi. La Lamal base prevede un contributo annuale di 500 franchi. Ma per coloro che hanno una copertura assicurativa più importante – con costose complementari – alcune casse malattia rispondono in misura maggiore. «Capisce – ci dice la responsabile –, che andremmo a colpire davvero chi ha meno ma più bisogno di noi. Perché chi ha più soldi si può permettere anche di pagare assicurazioni più costose. Con quale stato d’animo possiamo affrontare tutto questo?». Negli ultimi 3 anni l’Stpb si è visto raddoppiare l’utenza. Ma possibile che non c’è nessun parente che possa trasportare queste persone? «Quale posto di lavoro le permette di accompagnare 3 volte a settimana sua madre in ospedale? – risponde stizzita Wilma Bergometti – La gente è invecchiata, c’è chi è rimasto solo. Ci sono famiglie sfasciate. Questa è la realtà». Oltre a ciò si sono anche aggiunte le necessità di risparmio di istituti più grandi che riversano i costi come possono, anche sui “fratelli minori”. Negli ultimi anni case per anziani e ospedali hanno rinunciato al proprio servizio di trasporto facendo ricorso all’Stpb. «Loro risparmiano, ma una parte dei loro costi li riversano su di noi – ci ha spiegato Ignazio Leonardi –. Abbiamo provato a chiedere al Cantone di ridistribuire i risparmi al nostro servizio meno oneroso ma non c’è stato nulla da fare». Provocatoriamente chiediamo se in fondo questo tirare la cinghia non li obbligherà davvero – come sostengono i contrari al referendum – a fare meglio il loro lavoro, a diventare più “efficienti”. «È grottesco – dice stanca Wilma Bergometti –, perché noi tutti questi anni abbiamo sempre avuto una buona gestione aziendale. I sussidi che riceviamo erano già all’osso. Ora la fanno pagare a chi si è sempre sforzato di fare di più con meno. Avete lavorato bene questi anni, non avete chiesto troppi soldi? Bene, ora vi puniamo. Noi spazi di manovra non ne abbiamo, siamo troppo piccoli per risparmiare qualcosa. Non ci resta che tagliare. Tagliare e non contenere, metteteglielo nella zucca». Forse d’ora in avanti chi avrà bisogno imparerà a chiedere di più per ottenere ciò che gli serve, in una corsa al gioco all’“efficienza” ribaltato. «Fermo lì, non si muova! Fra mezz’ora passa un furgone a prenderla, abbiamo un viaggio proprio in quella zona», Wilma Bergometti responsabile del Servizio trasporti persone bisognose (Stpb) il tempismo ormai ce l’ha nel sangue. Quando la incontriamo di persona ad inizio pomeriggio – dopo aver trasportato per mezzo Sopraceneri gli utenti del giro mattutino (si veda l’articolo sopra) – è china sul programma della settimana. «Guardi qua, vede quanta gente che ha bisogno. Quelli evidenziati in rosa sono i disabili. Domani dobbiamo gestire 27 chiamate», ci dice senza alzare l’occhio dal foglio. Quando la settimana scorsa Wilma Bergometti ha assistito al dibattito in televisione sul referendum Sos – Sanità, socialità e scuola, che sarà in votazione il prossimo 12 marzo, non le sono proprio andate giù le rassicurazioni di chi in studio sosteneva che con il blocco allo 0,5 per cento dell’aumento ai finanziamenti ad enti come il Stpb non ci sarebbero state grosse ripercussioni. E che, anzi, tali servizi sarebbero stati così spinti a diventare più “efficienti”. Tanto che ha preso il telefono e ha chiamato per fare una domanda precisa a chi era in studio: quale saranno le conseguenze per le strutture piccole come la nostra? Quasi per controbilanciare la sua furia la sanguigna responsabile all’appuntamento ha invitato anche l’amministratore del Stpb Ignazio Leonardi che gestisce la contabilità di questo servizio senza scopo di lucro. «È paradossale – ci spiega con calma il contabile –, perché con il sussidio cantonale bloccato ci obbligano a mettere un tetto massimo di chilometri annuali oltre il quale non siamo più coperti. Insomma più lavoriamo peggio è. Ci converrebbe smetterla di pubblicizzare il nostro servizio». Dopo aver appreso dal preventivo 2006 che i 90 mila franchi di contributo che ricevono annualmente non potranno crescere oltre la fatidica soglia dello 0,5 per cento (cioè in questo caso di 450 franchi all’anno) l’Stpb si è subito messo al lavoro per capire cosa ne sarà del suo futuro e cosa comporta in cifre il “contenimento della spesa”. Wilma Bergometti lascia ancora che sia l’amministratore a spiegare per filo e per segno gli effetti del rigore finanziario: «abbiamo calcolato che d’ora in avanti non potremo andare oltre ai 200 mila chilometri all’anno e già oggi viaggiamo su questo chilometraggio. Siamo già al limite mentre il bisogno della gente cresce». Cosa comporta concretamente allora il “contenimento”? A sentire nuovamente la parola “contenimento” la signora Bergometti non si trattiene più: «questi sono tagli porca miseria! Guardi che noi quei 450 franchi in più li facciamo fuori solo per il caro-benzina. Qua si sta risparmiando sulla pelle della gente che ha più bisogno». Per l’Stpb ci sono solo due vie possibili se passa il “sì” al decreto legislativo il prossimo 12 marzo. La prima è quella di cominciare a dire “no” agli anziani, ai disabili e ai bambini che hanno bisogno di essere trasportati dal medico, sul posto di lavoro, dalla logopedista, eccetera. Ma su quali basi dovranno negare il servizio? Diranno no al malato che trasportano più volte a settimana da Airolo a Bellinzona per la radioterapia per la cura contro il cancro? Oppure no a chi deve fare imperativamente la dialisi? «Ci spingono a scegliere fra chi ha bisogno – ci dice la responsabile –, a fare selezione. È una mentalità vergognosa. Lancio un invito a tutti i fautori del sì: venite a fare una settimana qui da noi e a scegliere chi potrà usufruire del servizio e chi no. Perché noi non vogliamo fare il lavoro sporco». L’altra possibilità che gli resta è quella di raddoppiare le tariffe del servizio per gli utenti. Attualmente le direttive cantonali impongono 60 centesimi di franco al chilometro più 5 franchi per chiamata a chi usa questi servizi di trasporto. Il contabile ci spiega che la tariffa che gli permetterebbe di «stare a galla» dovrebbe salire a 1,30 franchi al chilometro. Wilma Bergometti porta l’esempio di una delle persone incontrate in mattinata. La sua spesa annuale per il solo trasporto per le tre dialisi settimanali che deve fare ammonta a 14 mila franchi annuali, questa cifra si raddoppierebbe toccando i 28 mila franchi. La Lamal base prevede un contributo annuale di 500 franchi. Ma per coloro che hanno una copertura assicurativa più importante – con costose complementari – alcune casse malattia rispondono in misura maggiore. «Capisce – ci dice la responsabile –, che andremmo a colpire davvero chi ha meno ma più bisogno di noi. Perché chi ha più soldi si può permettere anche di pagare assicurazioni più costose. Con quale stato d’animo possiamo affrontare tutto questo?». Negli ultimi 3 anni l’Stpb si è visto raddoppiare l’utenza. Ma possibile che non c’è nessun parente che possa trasportare queste persone? «Quale posto di lavoro le permette di accompagnare 3 volte a settimana sua madre in ospedale? – risponde stizzita Wilma Bergometti – La gente è invecchiata, c’è chi è rimasto solo. Ci sono famiglie sfasciate. Questa è la realtà». Oltre a ciò si sono anche aggiunte le necessità di risparmio di istituti più grandi che riversano i costi come possono, anche sui “fratelli minori”. Negli ultimi anni case per anziani e ospedali hanno rinunciato al proprio servizio di trasporto facendo ricorso all’Stpb. «Loro risparmiano, ma una parte dei loro costi li riversano su di noi – ci ha spiegato Ignazio Leonardi –. Abbiamo provato a chiedere al Cantone di ridistribuire i risparmi al nostro servizio meno oneroso ma non c’è stato nulla da fare». Provocatoriamente chiediamo se in fondo questo tirare la cinghia non li obbligherà davvero – come sostengono i contrari al referendum – a fare meglio il loro lavoro, a diventare più “efficienti”. «È grottesco – dice stanca Wilma Bergometti –, perché noi tutti questi anni abbiamo sempre avuto una buona gestione aziendale. I sussidi che riceviamo erano già all’osso. Ora la fanno pagare a chi si è sempre sforzato di fare di più con meno. Avete lavorato bene questi anni, non avete chiesto troppi soldi? Bene, ora vi puniamo. Noi spazi di manovra non ne abbiamo, siamo troppo piccoli per risparmiare qualcosa. Non ci resta che tagliare. Tagliare e non contenere, metteteglielo nella zucca». Forse d’ora in avanti chi avrà bisogno imparerà a chiedere di più per ottenere ciò che gli serve, in una corsa al gioco all’“efficienza” ribaltato. ct

Pubblicato il

24.02.2006 02:30
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