Unia, il sindacato che unisce tutti

Due settimane dopo la sua nascita, il nuovo “supersindacato” Unia ha voluto dare un primo segnale di forza e assumere, come annunciato, un ruolo attivo di protagonista sulla scena politica e sociale elvetica. All’appello dei dirigenti di Unia hanno risposto in 15 mila lavoratori, che hanno sfilato lo scorso 30 ottobre per le strade di Berna prima di riunirsi nella nuova Piazza Federale. In questo foto reportage area ha seguito la nutrita e “rumorosa” delegazione ticinese. Inoltre nell’inserto sindacale del giornale trovate le valutazioni del responsabile della comunicazione di Unia Bruno Schmucki. Lavoratori degli ormai ex sindacati Sei, Flmo e Fcta si sono per la prima volta riuniti sotto la medesima bandiera: «ormai siamo tutti nella stessa barca». «È vero, è un sacrificio che abbiamo fatto stamattina di alzarci così presto per andare fino a Berna dal Ticino, ma lo facciamo per una buona ragione, perché noi che lavoriamo abbiamo il diritto di vivere bene la vita e non di avere sempre paura. Ci sono persone irresponsabili che non capisco che non possono farci vivere così, abbiamo una famiglia, dei figli e non vogliamo vivere con l’ansia del licenziamento, della ristrutturazione o del tirare la cinghia ogni fine del mese. Per questo motivo ho buttato giù dal letto anche mio figlio, ha solo 16 anni ma voglio che veda coi suoi occhi che a volte bisogna lottare, alzare la voce. Per me è un brutto modo di fare, non mi piace gridare ma non ci sono alternative», ci dice Giuseppe, operaio di 54 anni, mentre aspetta a Lugano con gli altri lavoratori e sindacalisti il treno speciale partito da Chiasso alle 7:45. Ma cosa andate a rivendicare fino a Berna? «Questa volta andiamo a chiedere stipendi più alti. Io faccio l’apprendista venditore – dice Carlo, figlio di Giuseppe –, ogni tanto mi fanno lavorare anche la domenica. Ho sentito dire che non potrebbero ma mi hanno fatto capire subito di non alzare la testa. A 16 anni mi fanno lavorare come gli altri, le stesse responsabilità, la stessa frenesia nel lavoro. Non hanno mai tempo di spiegarmi niente, se non impari da solo te ne devi andare. Ti chiedono di essere spigliato, brillante, curioso nell’imparare ad usare ogni nuova macchina che ti portano in negozio. Non c’è spazio per essere se stessi, ho molti amici che ritengo molto più intelligenti di me ma che semplicemente hanno deciso di non ballare questa musica e così si trovano in disoccupazione, fanno i duri ma a me sembrano solo animali feriti. Mio papà ti ha detto che mi porta a Berna perché si deve imparare a lottare, ma noi giovani l’abbiamo già capito da tempo solo che vogliamo vivere come se i problemi non ci fossero». Giuseppe guarda sorpreso il figlio Carlo. Una voce all’altoparlante della stazione Ffs annuncia il treno speciale per la manifestazione di Berna. I lavoratori provenienti da Chiasso si sporgono dai finestrini per salutare i colleghi, c’è chi sventola con orgoglio cappellini e borse con il logo dell’ex Sindacato edilizia e industria. È la prima volta che gli affiliati dei diversi sindacati e lavoratori di differenti settori vanno a manifestare sotto la stessa casacca. «Non sono un nostalgico – dice Mario, muratore sui 50 anni –, però è una vita che per noi Sei è sinonimo di qualcosa che ci sta a fianco e che ci aiuta. Unia è come una nuova fidanzata, ci vuole un po’ di tempo per conoscersi, ma se si è innamorati non c’è da avere paura». A mezzogiorno c’è la distribuzione di panini e bibite «ci mangiamo un panino ma vogliamo anche il soldino», recita un lavoratore sul vagone. Poco dopo arrivano anche i nuovi “gadgets” del sindacato: il giubbino rosso con la scritta “la lotta paga”, la bandiera col logo Unia e un fischietto rigorosamente rosso. Mario chiede dove sono i nuovi cappellini con la scritta Unia, una sindacalista risponde che si potranno avere al punto di incontro, alla Schützenmatte, appena fuori dalla stazione di Berna. Poco prima dell’una la delegazione ticinese scende dal treno, «facciamoci sentire!», grida il sindacalista Gabriele Milani. Strillano i fischietti mentre gli ignari viaggiatori della capitale chiedono cosa sta succedendo, «andiamo a dimostrare, a chiedere salari più dignitosi. Venga con noi signora» dice Giuseppe. Il corteo ticinese si muove verso il punto di incontro cercando di fare più rumore possibile, la manifestazione per loro è già iniziata. Alla Schützematte Mario si dà da fare per trovare il nuovo cappellino, soddisfatto ne prende tre «anche uno per la moglie e per la figlia». E il cappellino Sei? «Tieni te lo regalo, forse fra 50 anni diventerà un pezzo da collezione. A me non piace vivere nel passato – dice sorridendo –, con questa nuova fidanzata sento che è come se ci conoscessimo da una vita».

Pubblicato il

12.11.2004 01:30
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