Unia presa di mira

«Lo sciopero alla Swissmetal di Reconvilier era illegale, Unia non è più un partner contrattuale credibile»: parola del presidente dell’Unione padronale svizzera Rudolf Stämpfli. «Mi chiedo se a queste condizioni Unia possa ancora essere un partner del Contratto collettivo nell’industria delle macchine», precisa Thomas Daum, direttore dell’associazione padronale mantello delle macchine Swissmem. «Unia usa gli scioperi come strumento di marketing per acquisire nuovi membri», tuona il presidente della Società svizzera degli impresari costruttori Werner Messmer. E intanto i media della Svizzera tedesca accusano il sindacato per i tagli del personale recentemente annunciati, denunciando anche tensioni in alcune regioni. Insomma, dopo oltre un anno di lodi Unia si trova improvvisamente sotto un fuoco incrociato di critiche molto pesanti. Cos’è successo? Come risponde il sindacato? E che lezioni trae da tutta questa vicenda? Rispondono in questa intervista i copresidenti di Unia Renzo Ambrosetti e Vasco Pedrina. Per tutto il 2005 e fino allo sciopero di Reconvilier Unia godeva di un’ottima immagine sia sui media che nell’opinione pubblica. Poi con il perdurare dello sciopero a Reconvilier il vento è girato. Cos’è successo? Pedrina: Il sostegno sulla stampa romanda c’è sempre. C’è però una sfasatura con la Svizzera tedesca, dove fin dall’inizio del conflitto la percezione è stata diversa. È vero tuttavia che nelle ultime due settimane c’è stata un’azione padronale coordinata sulla stampa per cercare di delegittimare lo sciopero e, di riflesso, Unia. Scioperare non è più un tabù, e questo innervosisce il padronato, considerando la popolarità in Romandia dello sciopero alla Boillat. Ambrosetti: Questi attacchi erano prevedibili. La pace del lavoro nell’industria delle macchine, che è presente prevalentemente in Svizzera tedesca, è una sorta di vacca sacra. Già nei decenni passati le azioni e gli scioperi in questo settore hanno sempre avuto luogo nella Svizzera latina (Monteforno, Sapal, Gardy). E il padronato romando rispetto a quello svizzero tedesco ha sempre avuto una percezione diversa di queste cose. Il tentativo di discreditare Unia fa parte del gioco ma non ci impressiona. Il presidente dell’Unione padronale svizzera Rudolf Stämpfli nel caso di Reconvilier sostiene che lo sciopero era illegale sostanzialmente per tre ragioni. La prima: non è stato proclamato dal sindacato. Ambrosetti: Il sindacato è presente all’interno dell’azienda nella misura del 90 per cento e non poteva ignorare quanto stava accadendo. Perché condividiamo le ragioni dello sciopero: siamo di fronte allo smantellamento di un’impresa sana sulla base di logiche non industriali ma unicamente finanziarie. Seconda ragione: lo sciopero non riguardava un oggetto regolato dal Contratto collettivo di lavoro (Ccl). Ambrosetti: il Ccl dice che suo scopo è assicurare lo sviluppo dell’industria metalmeccanica, mentre a Reconvilier si era in una logica di distruzione dell’industria metalmeccanica. Si era quindi sempre all’interno del Ccl. E una situazione in cui datori di lavoro e associazioni padronali solidarizzano con gli scioperanti non può essere liquidata citando due paragrafi del contratto. Pedrina: Werner Messmer, presidente della Società svizzera impresari costruttori, ha detto che è intollerabile che un sindacato contesti le decisioni strategiche di un’azienda. Ma se si riconosce il diritto di scioperare per un aumento salariale o per le condizioni di lavoro non si capisce perché non ci sia lo stesso diritto quando si vogliono operare scelte strategiche che conducono a una chiusura dell’azienda, cioè quando si vuole addirittura mettere in causa le basi esistenziali di chi lavora. Infine: lo sciopero non era l’ultima ratio ma c’erano altri mezzi, cui il sindacato avrebbe dovuto ricorrere, per risolvere la vertenza, ad esempio la procedura arbitrale. Ambrosetti: siamo subito intervenuti presso l’Associazione padronale svizzera dell’industria delle macchine (Asm) chiedendo di farsi parte attiva per trovare una soluzione nell’ambito della procedura contrattuale. L’Asm ha organizzato un primo incontro il 2 febbraio fra rappresentanti di Unia e una delegazione del consiglio d’amministrazione di Swissmetal, cui ha fatto seguito un incontro con una rappresentanza del personale. Mentre Swissmetal è andata avanti per la sua strada: due giorni dopo quell’incontro ha annunciato il licenziamento di 120 persone, e, altri due giorni dopo, l’acquisto di un’azienda tedesca concorrente della Boillat. È quindi toccato a Unia, con una mia telefonata al consigliere federale Joseph Deiss, mettere in piedi la mediazione. Se ci si accusa di non essere intervenuti nei confronti dei nostri membri per farli desistere dallo sciopero possiamo tranquillamente controbattere che la Asm si è defilata e non è intervenuta in alcun modo contro il proprio associato: una chiara violazione contrattuale. Il corso delle azioni Swissmetal durante lo sciopero continuava a salire. Alla fine dello sciopero sono tornate ai livelli abituali (cfr. anche il grafico). Per paradosso lo sciopero faceva gli interessi di chi con Swissmetal persegue una logica puramente finanziaria. Lo sciopero è ancora un mezzo di lotta adeguato per combattere una logica di questo tipo? Pedrina: È chiaro che per noi Reconvilier è un laboratorio importante. Siamo confrontati con processi nuovi, come l’aumento del corso delle azioni durante uno sciopero. Si dovrà fare una riflessione su quale impostazione dare ad uno sciopero in situazioni simili per comunque riuscire a piegare un’azienda. Ad esempio giocando in modo diverso col fattore “tempo” rispetto alle iniziative da intraprendere collateralmente allo sciopero. Ma questo nulla toglie alla necessità di questo strumento in situazioni estreme come quella di Reconvilier. Il direttore di Swissmetal Martin Hellweg ha fatto di tutto per prolungare lo sciopero: più questo durava più diventava difficile sostenerlo, sia per Unia che per i lavoratori. Non c’è stato un errore d’impostazione? Ambrosetti: Lo sciopero è partito come un movimento spontaneo. È vero che non c’è stata una pianificazione chiara da parte dei lavoratori: hanno scioperato sperando che la direzione cedesse e che ci fosse qualcuno che rilevasse la Boillat. Hellweg invece giocava sui tempi lunghi. Ad un certo punto è dunque dovuta intervenire Unia per dire che la strada della ripresa del lavoro e della mediazione era la più intelligente nell’ottica di arrivare allo scorporo della Boillat dal gruppo Swissmetal. Perché una fabbrica in rovina nessuno la vuole. E oggi la trattativa va nel senso di cercare potenziali acquirenti: anche la direzione finalmente si è detta disponibile a trattare in questo senso. In Romandia si è rimproverato Unia di aver fatto pressione sulle maestranze per riprendere il lavoro temendo che in futuro il sindacato sarebbe stato escluso dal Ccl. Pedrina: Non è assolutamente vero. Se ci sono stati errori sono semmai legati all’accompagnamento dopo il primo sciopero e al fatto che non siamo riusciti a creare il miglior contatto con l’altro stabilimento svizzero di Swissmetal, quello di Dornach. Ma nel secondo sciopero è diventato evidente che più esso durava, più si correva il rischio che si chiudesse l’azienda. E questo sarebbe andato nel senso della strategia del finanziere: una strategia che non può essere quella del sindacato. È questo il motivo per cui abbiamo cercato di convincere i lavoratori ad entrare in mediazione. “Manager fuori dalla realtà” Pedrina e Ambrosetti, quali copresidenti del più grosso sindacato svizzero che lezione traete dalla vicenda della Boillat sul clima sociale in Svizzera? Ambrosetti: premesso che Reconvilier è un caso speciale, l’aumento di scioperi avvenuto negli ultimi anni è dovuto a posizioni sempre più intransigenti avute dai datori di lavoro, che hanno dimostrato una sempre minore disponibilità alla trattativa. Un nuovo tipo di management si è imposto. Fino a pochi anni fa i manager erano o proprietari o erano almeno cresciuti nella realtà svizzera. Oggi abbiamo a che fare con mercenari che hanno l’obiettivo di massimizzare gli utili in termini molto brevi, si chiedono cifre di redditività del 15-20 per cento quando un’ottima redditività nell’industria si situa attorno all’8 per cento. Pedrina: prendiamo gli scioperi fatti finora sotto la bandiera di Unia: Reconvilier, Schauspielhaus, taxisti di Kloten e Denner-Rewe. Essi presentano tre caratteristiche comuni. In primo luogo una rottura di accordi da parte padronale. Poi la mancanza di rispetto se non il disprezzo nei confronti dei salariati e dei loro rappresentanti. Infine ci sono gli aspetti materiali. Sono questi i motivi che portano allo sciopero. Ora i padroni ci attaccano, in un’azione che sembra concertata e che è anche da collocare nel contesto delle lotte di potere apertesi con la partenza di Peter Hasler dalla direzione dell’Unione padronale svizzera. Ma farebbero bene a riflettere sui veri motivi che conducono a uno sciopero. Rimpiangete già la partenza di Hasler? Ambrosetti: Hasler aveva il senso del partenariato sociale e rispettava il lavoro dei sindacati. Sapeva e riconosceva che un sindacato dev’essere forte e combattivo per poter esercitare il suo ruolo. Con lui è sempre stato possibile fare degli accordi sapendo che li avrebbe poi rispettati: penso ai bilaterali, nell’ambito dei quali ha dovuto superare molte resistenze interne di fronte alla necessità di fare concessioni al sindacato. Nell’interesse degli stessi imprenditori. Ora molti rappresentanti padronali mettono in discussione la vostra legittimità come partner sociali: non vogliono Unia fra i piedi. Come ve lo spiegate? Pedrina: c’è un’ideologia generale neoliberista che vede in qualsiasi regolamentazione sociale un ostacolo allo sviluppo e alla libertà. Questa logica porta a perdere rispetto per chi lavora e per chi li rappresenta. La conseguenza è però l’incapacità di capire la realtà. Il padronato può certamente rimettere in discussione per un po’ di tempo i contratti collettivi di lavoro. Ma chi, come il padronato della carpenteria, ha provato a farlo, ora deve tornare sui suoi passi riconoscendo che un mercato del lavoro senza contratto diventa selvaggio. E un mercato del lavoro ordinato non è possibile mettendo Unia in un angolo, perché ci opporremmo come abbiamo fatto sul piano politico. Alla fine capiranno quindi che è necessario scendere a patti con noi. Quindi questa bufera si calmerà presto o viviamo un cambiamento strutturale nei rapporti sociali? Ambrosetti: Penso che sia un temporale anche violento con l’obiettivo di metterci con la testa sott’acqua, ma non lo raggiungeranno. Unia sottoscrive 500 contratti collettivi. E non siamo in guerra in ognuno di essi. Nella stragrande maggioranza dei casi si riesce a trovare delle soluzioni e degli accordi che sono nell’interesse di tutti: purché ci siano rispetto reciproco, disponibilità a comprendere la posizione dell’altro e volontà di trovare una soluzione. Pedrina: Abbiamo alle spalle dieci anni di “Libro bianco”, il manifesto del neoliberismo in Svizzera pubblicato nell’autunno del 1996. Esso ha condotto parti importanti del padronato ad allearsi con Blocher e compagni. Col risultato che c’è un blocco politico rispetto alle riforme. Le uniche vere riforme degli ultimi dieci anni sono quelle in cui le componenti aperte del capitale hanno dovuto scendere a patti con i sindacati sulle questioni economiche nelle quali è in gioco l’apertura della Svizzera (in particolare rispetto all’Europa). Per il seguito dipende anche da cosa accadrà politicamente. Io non sono così pessimista. Nel 2007 gli equilibri politici potrebbero cambiare, con effetti positivi anche sui rapporti fra partner sociali. L’avvenire resta aperto.

Pubblicato il

17.03.2006 02:00
Gianfranco Helbling
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