Legge negozi

Unia Ticino ha inoltrato il ricorso al Tribunale federale contro la nuova legge cantonale sugli orari della vendita e la relativa estensione delle zone turistiche che permetteranno l’apertura dalle 6 alle 22.30 sette giorni su sette in un’ottantina di località ticinesi.

 

Il sindacato ha inoltrato il ricorso sulla legge, non sul Ccl. È la prima novità spiegata ai media dal segretario regionale Giangiorgio Gargantini. Benché i dubbi sul quorum dei negozi rimangano nella loro totalità, il sindacato ha scelto di concentrarsi sull’incostituzionalità della legge. «Essendoci scontrati col muro di gomma eretto da autorità cantonali e Ocst che hanno negato la trasparenza della documentazione della procedura con cui sarebbe stato raggiunto il quorum, non aveva senso ricorrere senza poter fornire le cifre delle irregolarità» ha spiegato Gargantini. In breve, ricordiamo che affinché un Ccl possa essere decretato, deve essere sottoscritto dalla metà più uno dei datori e dei lavoratori. Se quest’ultimo può essere derogato, il numero dei datori e relativi negozi in Ticino è calato “misteriosamente” in corso d’opera di quasi la metà di quanto riportava la statistica. Alla fine, il quorum è stato superato di poche unità. «In questa vicenda è emerso il lato peggiore delle autorità cantonali, del partenariato sociale e sindacale. Un inciucio vergognoso» ha commentato il segretario di Unia.


Il ricorso verte dunque sulla legge, in particolare sulla violazione dell’unità di materia e la confusione tra legge federale e leggi cantonali. L’apertura prolungata dei commerci è stata subordinata all’adozione di un Ccl.
È incostituzionale legare orari di apertura e condizioni di lavoro, aveva già sentenziato il Tf esprimendosi sul medesimo caso del Canton Neuchâtel. Lo stesso Gran Consiglio ticinese ne era cosciente. Non si può fare, scrisse l’esperto costituzionalista Gabriel Aubert nella perizia allegata al rapporto di maggioranza del Parlamento ticinese. Eppure la maggioranza di quest’ultimo lo ignorò e tirò dritto.


Quel che è peggio, annota il sindacato, fu che il Parlamento approvò la contropartita senza nemmeno conoscere il contenuto del Ccl, deciso anni dopo. «La popolazione è stata ingannata. Si è fatto credere che il prolungamento degli orari di apertura sarebbe stato compensato da migliori condizioni di lavoro». In realtà, dati alla mano, non vi è stato alcun miglioramento nel Ccl partorito dalla grande distribuzione, Federcommercio e Ocst, sotto l’egida del Dfe di Christian Vitta. «Se si confronta il Ccl vendita e il contratto normale del ramo per i negozi con meno di dieci dipendenti promulgato a causa del dumping verificato dalla Tripartita, si noterà che non vi è alcun miglioramento» spiega Gargantini.


A fronte di un peggioramento degli orari di lavoro, le condizioni d’impiego e le paghe sono identiche. Anzi, in una categoria la paga del Ccl è addirittura inferiore di un franco e mezzo a quanto sancito dal Cnl. «Chi ha diffuso l’informazione alle lavoratrici che la loro paga sarebbe migliorata, ha detto il falso» ha chiosato Gargantini.


Il riferimento è all’Ocst che in un’intervista al suo responsabile di settore Paolo Locatelli, pubblicata sul bollettino “Il lavoro” del 28 marzo 2019, dichiarava cifre false, gonfiandole, sulle paghe orarie. «Nel nuovo Ccl hanno inserito la tredicesima. Ma lo stipendio annuo del lavoratore è esattamente lo stesso, solo che è stato spalmato su tredici mesi invece dei dodici del contratto normale».


Il ricorso di Unia verte anche sulle deroghe agli orari nelle cosiddette zone turistiche. A fine dicembre, il governo ha pubblicato la lista delle località dove i commerci potranno essere aperti dalle 6 alle 22.30, sette giorni su sette, domeniche e festivi compresi, per motivi turistici. Sono quasi un’ottantina su 115 comuni ticinesi. «Altro che mezz’oretta in più come si è fatto credere al momento della votazione!» ha affermato il sindacalista. In campagna, favorevoli alla legge e governo rassicuravano che non vi sarebbe stato uno stravolgimento degli orari di apertura. Nel messaggio di legge, il governo indicava per nome le località che sarebbero rientrate nelle deroghe orarie “turistiche”. Erano una dozzina. Oggi sono diventate un’ottantina. «Per fare un esempio, Molino Nuovo (quartiere di Lugano luogo della conferenza stampa, ndr), i negozi potranno beneficiare della deroga turistica undici mesi all’anno. È il quartiere dove sono nato e cresciuto, e vi assicuro che di turisti qui non se ne sono mai visti» ha ironizzato Gargantini.


A chi accusa Unia di opporsi alle aperture solo per dogmi ideologici, Gargantini risponde che il ruolo di un sindacato è tutelare gli interessi dei lavoratori. «Ci opponiamo a questa legge e al Ccl perché, dopo averle consultate più volte, le venditrici ci hanno dato mandato di difenderle dal peggioramento». È un ragionamento logico, ma c’è chi si ostina a non voler capire, per motivi propri, quelli sì, ideologici.

Pubblicato il 

30.01.20
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