Il portaledi critica socialee del lavoro
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L’iniziativa dei Verdi “Salviamo il lavoro in Ticino” non garantirà mai il diritto di «ogni persona» ad un «salario minimo» che si possa ritenere garanzia di «un tenore di vita dignitoso», come recita il relativo ingannevole articolo costituzionale approvato domenica scorsa dal 54 per cento dei ticinesi. A dipendenza di come verrà applicato il principio, si può sperare di arginare al massimo gli abusi più gravi (pensiamo ai contratti da 1.000 franchi al mese), ma non il fenomeno globale del dumping salariale, che anzi rischia di essere ulteriormente alimentato dalla fissazione di retribuzioni minime da fame.
Non ci sono più scuse che tengono, nemmeno statistiche. Dalla radiografia del dumping in Ticino contenuta nel documento consegnato oggi dalla sezione ticinese dell’Unione sindacale svizzera alla Segreteria di Stato dell’economia (Seco), emerge un quadro impietoso. A lungo negata dalla statistica dei grandi numeri, i dati dimostrano l’esistenza della spirale al ribasso delle condizioni di lavoro in Ticino. A pagare il prezzo maggiore del “libero mercato” della merce salario sono le persone con le retribuzioni medio-basse. Una guerra fra poveri che miete vittime soprattutto fra le donne, il cui stipendio mediano nelle categorie medio basse subisce la riduzione più sostanziale. Ma la piaga colpisce globalmente. Il divario salariale tra Ticino e resto del paese si sta allargando. E nei settori protetti da ccl obbligatori, il dumping si materializza nel dequalificare il personale col fine di retribuirlo meno.
Razzismo. Non bisogna mica andare indietro ai tempi della tratta dei neri o dell’olocausto degli ebrei. Basta aprire un social network e leggere uno dei tanti “affondateli” riferiti ai barconi dei migranti o al “ruspe sui campi rom” di Matteo Salvini per capire che le crociate a base d’odio sulla discriminante razziale o etnica sono sempre tristemente di moda. Con tutti i rischi – di violenza, soprusi, emarginazione – a esse connesse. La Svizzera lancia una campagna di prevenzione rivolta in particolare ai giovani, affinché siano migliori di chi li ha preceduti.
L’accusa chiede che Stephan Schmidheiny venga processato per l’omicidio volontario di 258 persone vittime dell’amianto disperso negli ambienti lavorativi e abitativi dagli stabilimenti italiani dell’Eternit, la multinazionale di cui il miliardario svizzero ha assunto il controllo a partire dal 1976. Secondo la difesa non si dovrebbe per contro celebrare alcun nuovo processo dopo che la Cassazione nel novembre 2014 ha annullato, a causa della prescrizione, la condanna inflittagli a Torino per disastro ambientale. Il giudice dell’udienza preliminare (gup) Federica Bompieri deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio martedì 14 luglio.
Che il raddoppio della galleria autostradale del San Gottardo sia una questione controversa, è risaputo. La contrapposizione tra contrari e favorevoli non è però molto netta, nel senso che non passa soltanto tra – grosso modo – sinistra ecologista e destra, ma anche all’interno degli stessi partiti borghesi. E la contraddizione nella maggioranza parlamentare favorevole è emersa adesso chiaramente grazie ad un “Comitato borghese no al raddoppio del San Gottardo” che si è presentato l’8 giugno scorso all’opinione pubblica.
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