anno XX, n° 2 - 10 febbraio 2017

L'editoriale
08.02.2017

di 

Claudio Carrer

Il Ticino “strapazza” il federalismo, “discrimina”, pratica del “protezionismo alla Donald Trump”, “viola le norme sulla libera concorrenza”, insomma pare essere tornato al “Medioevo”. Sono i toni usati da alcune organizzazioni economiche della Svizzera tedesca, fortemente irritate dai nuovi obblighi imposti dalla Legge sulle imprese artigianali (Lia) in vigore in Ticino dal 1° febbraio 2016, che impone a tutte le ditte del settore che operano sul territorio cantonale a iscriversi a un albo e a versare una tassa di registrazione di 600 franchi. “Tutti contro il Canton Ticino”, sintetizzava qualche giorno fa il quotidiano zurighese Tages Anzeiger in un lungo articolo che dava voce agli scontenti.
Sono reazioni da un lato certamente esagerate, in parte anche offensive, ma dall’altro estremamente interessanti, perché danno la misura di quanto poco siano conosciute nel resto del paese le gravi problematiche che investono il mercato del lavoro in Ticino.

Articoli

Lavoro
08.02.2017

di 

Francesco Bonsaver

Uno stipendio di 3.600 franchi lordi al mese è appena sufficiente per vivere in Ticino. Non la pensano così la famiglia Centonze e Cattaneo, rispettivamente Ecsa e City Carburoil, che hanno fondato un’associazione per evitare che quel salario minimo entri in vigore. «Fronteggiare il Ccl nazionale dei negozi delle stazioni di servizio in Svizzera». Chiaro e diretto lo scopo dell’Associazione ticinese dei gestori delle stazioni di servizio. Impedire l’obbligo di pagare stipendi di 3.600 franchi lordi mensili in Ticino, scaturiti dal recente accordo tra partner sociali a livello nazionale. L’associazione ticinese è composta da diciassette membri, che insieme gestiscono circa la metà delle stazioni di servizio presenti nel cantone. L’altra metà dei gestori ticinesi non vi ha aderito, intuitivamente perché già paga stipendi in linea con il Ccl previsto.

Svizzera
08.02.2017

di 

Veronica Galster

Essere donna e lavoratrice è spesso ancora un percorso ad ostacoli, se poi a questo si aggiunge il diventar madri, i giochi si complicano ulteriormente, lo conferma pure l’Ufficio federale di statistica in uno studio del 2016. Sono sempre di più i casi segnalati agli uffici per le pari opportunità di donne che han dovuto lasciare il lavoro a causa della maternità, un fenomeno che tocca tutta la Svizzera e tutti i settori. Le statistiche dicono che nel 2015, circa quattro madri su cinque erano professionalmente attive in Svizzera, di queste, quattro quinti lavoravano a tempo parziale. Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica (Ufs), il nostro paese ha conosciuto un aumento importante delle lavoratrici nel corso degli ultimi 25 anni e oggi la presenza delle donne sul mercato del lavoro è una delle più alte a livello europeo, anche se la discriminazione sessuale è ancora ben radicata

Maxi tangente ENI
08.02.2017

di 

Federico Franchini

Più volte in passato la Eni ha utilizzato la Svizzera per le sue operazioni occulte. Già negli anni ‘80 e ‘90 il gruppo petrolifero controllato dallo Stato italiano si è servito di banche e società elvetiche per oliare gli ingranaggi delle commesse internazionali e per negoziare affari con paesi in guerra e regimi dittatoriali. Dalla Confederazione venivano anche gestiti i fondi neri che poi sono finiti nelle tasche dei top manager e dei referenti politici in Italia. In epoca più recente l’operato della Eni non sembra essere guarito dal morbo che da sempre attanaglia il mondo del petrolio.

Gli Usa di Trump
08.02.2017

di 

Martino Mazzonis

Una raffica di ordini esecutivi pensati e scritti male, una serie di gaffes e sparate fuori luogo che di presidenziale non hanno nulla – ma rischiano di peggiorare malamente lo status degli Stati Uniti nel mondo – una polemica costante con i media, «principale partito di opposizione» e, quando questi sono intervenuti a ricordargli i limiti dei poteri presidenziali, con i giudici. La presidenza Trump è cominciata male, ma non c’è da stupirsi: da bravo “non-politico”, il presidente a sorpresa degli Stati Uniti sta più o meno facendo quanto promesso in campagna elettorale e lo sta facendo con lo stile tenuto nei mesi in cui cercava voti invece di governare.

Rubriche

08.02.2017

di 

Giuseppe Dunghi
08.02.2017

di 

Sarah Rusconi
08.02.2017

di 

Chiara Orelli Vassere

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