Il portaledi critica socialee del lavoro
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Si scrive “flessibilità” ma si legge “dare la propria vita al lavoro”, con tutte le conseguenze che questo comporta per la salute fisica e mentale, per le relazioni famigliari e sociali, per la qualità della propria esistenza insomma. È in questa logica che s’inseriscono tutti i tentativi di dilatare il tempo di lavoro e di ridurre quello di riposo in funzione di presunti bisogni dell’economia e di “modernizzazione” dell’organizzazione del lavoro. Ne sono un esempio concreto le rivendicazioni formulate recentemente dall’Unione svizzera arti e mestieri (Usam): un attacco frontale alle più elementari norme in materia di tutela dei diritti e della salute delle lavoratrici e dei lavoratori.
Chi si aspettava un guizzo di coraggio dal governo cantonale è andato deluso. Al contrario del governo neocastellano, il Dipartimento delle finanze ed economia ticinese ha giocato al ribasso scegliendo indicatori che gli consentissero di fissare il salario minimo tra i 18,75 e i 19,25 franchi l’ora, contro i 20 neocastellani. Secondo il sindacato è un’occasione persa per restituire dignità al lavoro nel territorio locale e consentire l’accesso ai residenti, ma pure a discapito dell’economia regionale. «Finché ci sarà il vantaggio competitivo di accedere a un bacino di forza lavoro per dei salari miserevoli, non si creeranno mai le condizioni quadro affinché l’insieme dell’economia ticinese possa fare un balzo avanti all’altezza delle tendenze dell’economia globale» aveva detto ad area Christian Marazzi, economista e ricercatore sociale di fama mondiale, riferendosi all’introduzione di un salario minimo dignitoso in Ticino.
Da anni sempre la medesima paga, 15 franchi l’ora. All’annuncio del direttore di aver soppresso l’assicurazione indennità perdita di guadagno in caso di malattia, si ribellano e danno le dimissioni. Abbiamo raccolto le testimonianze di quattro lavoratrici sulla loro esperienza professionale presso la Dipra Sa, e intervistato il titolare che è stato pure denunciato da Unia per aggressione a un funzionario sindacale.
Latte macchiato, subito e ciao. Si fa un gran parlare della marginalizzazione in Svizzera dell’idioma di Dante con la soppressione di cattedre di italianistica e la crisi dell’associazionismo. E invece, dicono gli studiosi, l’italiano non solo è elemento fondativo dell’identità nazionale, ma è profondamente radicato nel nostro paese, dimostrando una scoppiettante vitalità. La lingua non è relegata in un ghetto, bensì permea la società, come sottolinea la grande manifestazione “Zurigo in italiano”: due mesi interi per parlare e sognare con il bello di questa cultura.
Chi aveva sperato che l’ennesima sconfitta avrebbe costretto Matteo Renzi a sospendere l’opera di demolizione della sinistra italiana non aveva fatto i conti con il generale del genio guastatori. Renzi va avanti, pur costretto a una finta apertura a sinistra per evitare di sancire l’inessenzialità di quel che resta del Pd dopo che anche il presidente del Senato Grasso gli ha sbattuto la porta in faccia offrendosi in ticket con la presidente della Camera Boldrini come guida di uno schieramento fuori dal Pd. Ma ha subito precisato: guai a rimettere in discussione jobs act, pensioni, politica sui migranti, buona scuola. Insomma, Renzi rivendica tutti i suoi errori e pretende da ipotetici alleati di sinistra che si presentino in ginocchio.
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