anno XXI - N° 9 - 1 giugno 2018

L'editoriale
30.05.2018

di 

Claudio Carrer

Consapevole che nella popolazione i regali fiscali alle imprese e ai suoi azionisti non sono visti di buon occhio, per imporli, la politica sembra disporre di un’unica arma: quella del ricatto. È successo in Ticino con la riforma approvata di misura nella votazione del 29 aprile scorso (sgravi per ricchi e aziende in cambio di alcune misure di carattere sociale) e si sta ripetendo a livello federale con il cosiddetto Progetto fiscale 17 (PF 17), un’operazione che sottrae dalle casse di Confederazione, Comuni e Cantoni più di due miliardi di franchi all’anno e che alla fine (come la storia insegna) finirebbe per provocare tagli alla spesa pubblica, cioè ai servizi e alla socialità. Una pillola amara insomma, che si vorrebbe far digerire ai cittadini con una «compensazione sociale» di altrettanti miliardi in favore dell’Avs per aggiustarne i conti. Questo è infatti il «compromesso» attualmente in discussione in Parlamento e che ha buone probabilità di passare. Il suo significato è chiaro: per garantire nei prossimi anni la pensione ai nostri vecchi è necessario concedere regali fiscali alla parte più ricca del paese. Un ricatto bello e buono.

Articoli

Lavoro e dignità
03.06.2018

di 

Francesco Bonsaver

Sonderfall Ticino, ossia il caso particolare del cantone a sud delle Alpi, dove i salari legali nel resto della Svizzera qui non hanno invece validità. È il caso del contratto collettivo di lavoro per il personale dei negozi delle stazioni di servizio di carburante, decretato dal primo febbraio di obbligatorietà generale sul territorio nazionale dal Consiglio federale. Il contratto, negoziato tra le parti sociali a livello svizzero, prevede un salario minimo per il personale non qualificato di 3.700 franchi per tredici mensilità, ridotto a 3.600 in alcuni cantoni di frontiera.
In Ticino no, vige la libertà di mercato che consente al datore di approfittare della necessità di lavoro della manodopera d’oltreconfine per imporre salari coi quali i residenti non possono vivere, se non ricorrendo ad aiuti finanziati dalla collettività.


La testimonianza
30.05.2018

di 

Raffaella Brignoni

Delirio d’onnipotenza, controllo sistematico sui lavoratori trattati come oggetti di proprietà privata, orari di lavoro à la carte sulla base dei capricci dello stilista, telecamere puntate, contratti con clausole al limite della legalità, licenziamenti seriali. E poi le manie, gli scatti d’ira e quella notte crazy quando Philipp Plein ha portato il suo teami di Lugano a cena a Parigi con volo privato. Quasi 200 persone tenute tutta la notte in aeroporto e riaccompagnate al mattino dopo al lavoro ancora vestite da sera e senza che avessero chiuso occhio...

Reinserimento professionale
30.05.2018

di 

Raffaella Brignoni

”Il nostro Cantone è attivo nel ricollocamento professionale di assicurati Ai. Nel 2017 sono stati 942 i lavoratori che sono rimasti attivi o hanno trovato nuove mansioni” recita un comunicato stampa. «Risultato buono, ma per certi versi anche operazione di marketing per veicolare il messaggio ingannevole, che rientrare nel mercato del lavoro è possibile e facile, quando invece non è affatto così. È anche un modo per preparare il terreno e legittimare ulteriori inasprimenti» replica Bruno Cereghetti.

Svizzera
30.05.2018

di 

Claudio Carrer

Per ogni franco d’imposte perso dalle casse dello Stato a causa degli sgravi alle imprese, un franco di finanziamento supplementare per l’Avs. Sono i termini del “compromesso” in discussione settimana prossima al Consiglio degli Stati nel quadro dell’esame del cosiddetto Progetto fiscale 17 (PF 17). Approvato all’unanimità, e un po’ a sorpresa, dalla Commissione dell’economia e dei tributi (Cet), esso mira a creare consenso politico attorno alla riforma della fiscalità, prima nel Parlamento e poi (in caso di referendum) nel popolo. Ma all’interno della sinistra e del movimento sindacale si è già creato un fronte di contrari, che giudica «inaccettabile» questo genere di intese: «Con l’Avs non si può mercanteggiare», si afferma.

Venezuela
30.05.2018

di 

Maurizio Matteuzzi

È certo che Nicolás Maduro non è Salvador Allende. E nemmeno Hugo Chávez. Ma quelli che organizzarono e attuarono il golpe contro Allende nel 1973 e contro Chávez nel 2002 sono ­– anche questo è certo – gli stessi che dal 2013 stanno cercando di montare il colpo di Stato contro il Venezuela chavista o post-chavista.

Il reportage
30.05.2018

di 

Angelo Mastrandrea

Via Bologna non è una strada come le altre, a Casal di Principe, comune di poco più di ventimila abitanti a nord di Napoli divenuto tristemente celebre, grazie al best seller Gomorra di Roberto Saviano, per aver dato il nome all’omonimo clan malavitoso. Questo budello stretto e apparentemente anonimo, chiuso da alte mura che nascondono antiche corti risistemate, giardini con le palme e vecchie abitazioni contadine lievitate in ville e palazzine a più piani, è stato il quartier generale dei Casalesi. Una camorra imprenditrice e di estrazione contadina, alleata con la ’ndrangheta calabrese e ramificata in tutto il Nord Italia, che ha investito i proventi dei traffici illeciti nell’Est Europa e ha portato i soldi in Svizzera (nel 2013, in Canton Ticino le furono sequestrati 14 milioni di euro).

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