II 64% della somma votata dal Parlamento USA per l’aiuto all’Ucraina è rientrato sotto forma di acquisti di armamenti, prodotti da aziende USA. Copia-incolla per la Gran Bretagna. Le guerre consentono di realizzare la “macchina economica perfetta”: produrre (armi, munizioni) – distribuire (introiti) – consumare immediatamente i prodotti; niente scorte inutilizzate, nessun calo della domanda, bensì ordini a getto continuo! Più durano e più rafforzano i proventi, soprattutto se la guerra avviene altrove. Insomma un “motore economico” garante di alta redditività ricercata dal capitalismo odierno, quello detto della “finanziarizzazione”. E quando si parla di redditività vale la regola non scritta del “niente scrupoli”!

Il niente scrupoli ci rinvia al ’500, momento storico che segnalò l’avvio del capitalismo con il progressivo allentamento del divieto di usura (chiedere un interesse sul prestito di denaro, quindi di lucrare) da parte della Chiesa. Ciò diede linfa e vita propria a società specializzate nel prestito (le banche).

 

Il niente scrupoli, caratteristica dominante del colonialismo nelle Americhe, la brutalità dei suoi metodi decimò la forza lavoro locale, rendendo  necessario importare gli schiavi da paesi africani. Operazione che diede avvio ad un mercato altamente lucrativo, che attirò finanziatori, tra cui lo svizzero David de Pury (che dà anche il nome alla principale piazza della città di Neuchâtel), e Banche svizzere che, come spiega lo storico H. Fässler “hanno posseduto fino ad un terzo delle azioni della Compagnia delle Indie, società francese monopolista nel traffico di schiavi in Africa Occidentale”.

La rivoluzione industriale, rese via via superflua la tratta di schiavi, dirigendo il lucrare di Banche e azionisti al mercato nascente delle risorse energetiche fossili.

 

Oggidì la cecità e al contempo la determinazione del neoliberismo nel privilegiare metodi che favoriscano accumulazione tramite gli strumenti finanziari sono più forti che mai, con pesanti e, devastanti conseguenze: a) ampliano il divario di ricchezza all’interno di tutti i paesi e tra

paesi; b) rendono opache operazioni, transizioni finanziarie impedendo o limitando le responsabilità ma soprattutto, c) favoriscono metodi di produzione e consumo che stanno avendo effetti perniciosi: riduzione di biodiversità e il maggiore cambiamento d’equilibrio climatico degli ultimi 10.000 anni; d) dirigono il vascello Umanità (arca con a bordo tutti gli esseri biologici - non solo animali) verso l’iceberg “cambiamento climatico” irreversibile e incontrollabile, che metterà a repentaglio le fondamenta stesse della vita in generale, oltre che umana in particolare oggi vigente.

 

Davanti all’incapacità di cambiare rotta, il sociologo e filosofo Michael Löwy (direttore emerito in scienze sociali presso il CNRS, Centro nazionale francese di ricerca scientifica) formula l’ipotesi che la società capitalista sia sostanzialmente vittima dell’alienazione. Alienazione intesa quale “processo mediante il quale prodotti dell’attività umana, lavoro e produzione, diventano indipendenti dai loro creatori assumendo potere autonomo. Potere che sfugge al loro controllo e gli si oppone come ostile ed estraneo” come spiegò Marx nei manoscritti del 1844. Fenomeno che oggidì riguarda anche: merci, mercato mondiale, combustibili fossili, agricoltura industriale, produttivismo e consumismo. “Di fatto – ribadisce Löwy – l’intera civiltà industriale è diventata una potenza incontrollabile, che si rivolta contro i suoi creatori e minaccia di distruggerli”. Detto altrimenti: o scegliamo di mettere fine al capitalismo, o lui metterà fine alla vita terrestre oggi conosciuta. Per riuscirci occorre tuttavia volontà d’agire e determinazione globale che attualmente sono assenti.

Pubblicato il 

06.05.24
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