Le ultime manovre del governo Meloni rischiano di dare il colpo di grazia a tutti i corsi di lingua e cultura italiana in Svizzera. Questi corsi sono finanziati dal Ministero degli affari esteri italiano e permettono a tutte le persone in età scolare di apprendere o migliorare la lingua e le conoscenze della cultura italiana. Si tratta di un’offerta formativa che in passato ha svolto un’importante funzione di inclusione dei bambini di origine migrante e anche oggi si rivela molto utile e popolare. Il regime di tagli e di regole ha portato addirittura alla chiusura di alcuni enti gestori. A San Gallo l’ente Lci ha dovuto addirittura dichiarare fallimento. Anche a Berna i corsi sono saltati. Il rischio chiusura riguarda ora l’ente Casli di Zurigo.

 

Salari fermi e rischio licenziamento

Proprio i docenti del Casli hanno organizzato un primo incontro per esporre i problemi che riguardano la loro categoria alla rappresentanza diplomatica e politica. La Circolare governativa 4/2022 e il Decreto attuativo del 19/09/2023 hanno infatti messo in crisi molti enti gestori, tra cui il Casli stesso. Questo perché a queste organizzazioni, gestite spesso da volontari, si chiede ora di contribuire con risorse proprie alla realizzazione del progetto didattico e addirittura di anticipare il finanziamento del contributo ministeriale con una quota che nel prossimo anno scolastico toccherà il 30% del budget. Se le cose rimarranno così, questo costringerà questi enti a tagliare corsi e ore di lezione per evitare la bancarotta. Rosanna Chirichella, insegnante di lungo corso e dipendente Casli, è molto preoccupata e ci parla dei problemi che riguardano la sua categoria: «Se le cose rimarranno così, molti corsi salteranno. Molti di noi rischiano il posto di lavoro o comunque una decurtazione del carico di lavoro e dello stipendio. Proprio le nostre paghe sono una nota dolente: sono ferme da ormai 20 anni, un periodo in cui il carovita si è fatto sentire drammaticamente e ora arrivano a volte anche con mesi di ritardo». Per Chirichella «è necessario rivedere il sistema di finanziamento e soprattutto introdurre l’obbligatorietà del contributo delle famiglie per poter far fronte ai costi. I corsi di lingua e cultura italiana svolgono un ruolo fondamentale nella promozione della lingua e della cultura italiana all’estero e sono un’opportunità educativa preziosa».

 

Preoccupazione anche in ECAP

Tra gli enti gestori troviamo anche ECAP, che ha sicuramente più possibilità finanziarie e organizzative per venire incontro alle richieste ministeriali rispetto ad altre organizzazioni. ECAP è infatti una delle realtà di formazione degli adulti più grande della Svizzera e dipende soltanto in minima parte dai finanziamenti italiani. Gli insegnanti di corsi gestiti da ECAP, inoltre, sono sottoposti al CCL sottoscritto anche da Unia e quindi godono di condizioni di lavoro migliori. Tuttavia, anche loro sono preoccupati per il sistema dei corsi di lingua e cultura italiana. Il 10 febbraio alcuni di loro erano presenti a un incontro dedicato proprio ai problemi di sottofinanziamento di questi corsi. Alessandra Minisci, insegnante ECAP, è soddisfatta della partecipazione: «Oltre agli addetti ai lavori e alla rappresentanza parlamentare italiana, c’erano molti genitori, segno che i corsi suscitano ancora interesse all’interno della comunità. Il problema è che non c’è più una rappresentanza di genitori forte come un tempo che possa fare pressione. Noi insegnanti ECAP siamo in una situazione diversa rispetto ai colleghi, ma se salteranno i corsi sarà a rischio anche il nostro posto di lavoro. Il 2 marzo ci sarà un ulteriore incontro tra i dirigenti degli enti e l’Ambasciatore per cercare soluzioni rispetto a questa crisi, speriamo possa sbloccare la situazione». Una crisi dei corsi che non riguarda direttamente gli insegnanti inviati dall’Italia dal Ministero degli affari esteri italiano, di cui Gino Bongiovanni(FLC-CGIL), presente a Basilea il 10 febbraio, è delegato sindacale: «Noi ministeriali siamo lavoratori dipendenti. Il grande taglio per noi è arrivato nel 2011 con il governo Monti che ha quasi dimezzato il nostro numero. In generale la tendenza al risparmio è diventata ormai la norma. Spero ci si possa coordinare tra ministeriali e dipendenti degli enti per trovare soluzioni comuni».

Pubblicato il 

26.02.24
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