Lavoro & Dignità

Del regista britannico Ken Loach si conosce la bravura nel raccontare storie di persone stritolate dai perversi meccanismi del sistema capitalista. Al centro di molti dei suoi numerosi film, l’umanità in un mondo del lavoro disumanizzato, disgregato e privo di tutele, devastato dalla politica neoliberista avviata in Europa dal primo ministro inglese Margaret Thatcher negli anni Ottanta. Un tema ripreso nel suo penultimo film del 2019, Sorry We Missed You, dove racconta il cinico e brutale mondo dei corrieri, della loro precarietà esistenziale indotta dallo statuto di falsi indipendenti e le cui ripercussioni devastano la vita familiare del protagonista. Un tema attuale, anche in Svizzera.

 

A Locarno per presentare The Old Oak, la sua ultima opera proiettata in una gremita Piazza Grande e premiata dal pubblico del Festival, Loach ha voluto ritagliarsi uno spazio temporale in una fitta agenda di appuntamenti coi media per incontrare di persona alcuni ex corrieri della Dpd di Giubiasco, lasciati a casa per essersi organizzati collettivamente nel sindacato Unia nel difendere i loro diritti sul posto di lavoro

 

Grazie all’intermediazione del dottor Franco Cavalli, il regista britannico ha potuto incontrare di persona alcuni dei licenziati in una riunione a cui hanno partecipato Vania Alleva, presidente di Unia, Enrico Borelli della direzione nazionale del settore terziario e Beppe Savary-Borioli, neo-granconsigliere del Forum Alternativo. Ad accompagnare il regista, Paul Laverty, amico e storico sceneggiatore di numerosi film di Loach.


Malato di un’inguaribile sana curiosità, l’ottantasettenne regista inglese ha inizialmente posto delle domande agli ex corrieri sulla loro condizione lavorativa attuale, sul meccanismo del sistema Dpd in Svizzera, fondato sul subappalto a differenza dei corrieri pseudo-indipendenti in vigore in Inghilterra.

 

«Una persona dallo spessore umano incredibile. Umile, non si pone mai altezzoso malgrado sia un regista di fama mondiale. A colpirmi è stata la sua vitalità. A ottantasette anni, è ancora profondamente arrabbiato e indignato delle gravi diseguaglianze sociali che si perpetuano nel sistema. E nonostante ne abbia viste tante, non ha mai smesso di credere che sia possibile, anzi doveroso, combattere il sistema per cambiarlo radicalmente» racconta Danilo, uno degli ex corrieri presenti.

 

«Se inizialmente ero stupito di quanto fosse interessato a noi lavoratori, ponendoci numerose domande, dalle sue risposte ho poi capito le difficoltà da lui incontrate nella stesura della sceneggiatura del film sui corrieri. Un mondo dove la precarietà e il ricatto generano nei lavoratori la paura nell’esporsi, nel raccontare a un estraneo le proprie condizioni e le umiliazioni subite sul posto di lavoro. Ci ha raccontato di quanto sia stato complicato per lui e lo sceneggiatore Paul trovare persone disposte a raccontarle. Mi ha dato l’impressione che fosse sinceramente felice di poter parlare con noi, di conoscere le nostre storie e quale tipo di sistema di sfruttamento abbia adottato Dpd in Svizzera».

 

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Ai lavoratori Loach ha svelato che proprio la Dpd ispirò il suo film sui corrieri. In Inghilterra l’impresa di distribuzione era stata al centro di uno scandalo per aver introdotto la multa di 150 sterline ai corrieri se si assentavano dal posto di lavoro senza trovare un sostituto. Don Lane, un corriere affetto da diabete, morì durante una crisi acuta dopo aver saltato gli appuntamenti con gli specialisti per paura di essere nuovamente multato dall’azienda. Formalmente lavoratore autonomo, Lane lavorava per Dpd da 19 anni, senza che gli fossero mai state riconosciute indennità ferie e malattia.


L’ex corriere ticinese a sua volta ha voluto ringraziare il regista per quel film. «Quando raccontavo agli amici quel che mi succedeva alla Dpd, mi prendevano per pazzo. Col suo film, Ken Loach ha aperto gli occhi a milioni di persone sulle reali condizioni di vita di coloro che suonano alle loro porte per consegnare i pacchi».


L’ex corriere ticinese ha approfittato della presenza del regista per chiedergli se in Sorry We Missed You avesse scelto di far arrabbiare ancor di più il pubblico col fatto che i lavoratori subissero soltanto senza mai reagire. «Ottima domanda» ha risposto Loach, chiarendo quanto l’organizzazione collettiva dei lavoratori (o della sua assenza), sia un tema ricorrente nei suoi film. Loach crede fermamente che dei progressi sociali siano possibili solo tramite le lotte collettive dei lavoratori o dei cittadini. «Avere una forte organizzazione collettiva di lavoratori è indubbiamente più importante di qualsiasi buon film» ha affermato Loach sorridendo.


Il regista si è poi informato da Vania Alleva sul mondo del lavoro elvetico, gli effetti del neoliberismo nella società svizzera, sulla struttura organizzativa di Unia e le sue capacità di mobilitazione a tutela dei lavoratori. Dopo aver illustrato il contesto elvetico di debolezza legislativa a tutela dei lavoratori, Alleva ha spiegato le ragioni che spinsero nel recente passato diverse organizzazioni dei lavoratori a unirsi per dar vita al sindacato interprofessionale Unia. Alla base vi era l’intento di contrastare l’offensiva neoliberale cercando di organizzare anche i lavoratori dell’emergente settore terziario, importando la storica cultura combattiva sindacale esistente nell’edilizia.

 

Loach ha ammesso di nutrire poca stima per i grandi sindacati inglesi, realtà che conosce bene, avendo nel recente passato dimostrato più volte la disponibilità a barattare i diritti dei lavoratori per altri fini. Dicendosi molto interessato alla storia e l’azione di Unia, ha concluso con una domanda: «Sono una persona molto pratica. Ditemi cosa posso fare per voi». Il prossimo futuro potrebbe riservare delle belle sorprese al movimento sindacale elvetico...

Pubblicato il 

31.08.23
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