Diritti

Il 14 giugno continua grazie alle 300 mila persone scese in piazza

Soddifazione per la terza mobilitazione in favore dei diritti delle donne e dei gruppi discriminati. Chiara Landi: «Il bilancio? Chi ha manifestato si farà portavoce delle rivendicazioni»

Anna è su di giri, una forza della natura, che sprigiona energia.

Anna è un’operaia, lavora in fabbrica, ne conosce i duri codici interni ed è in piazza a protestare: «Lo aspettavo tanto questo 14 giugno. Per me è un giorno che coincide con un grido al mondo, un inizio e io nel mio piccolo non smetterò di lottare e di credere in un futuro migliore per le donne che verranno».

Come lei altre 6mila persone hanno riempito Bellinzona per la terza grande mobilitazione femminista della storia in Svizzera.

 

Finalmente è mercoledì 14 giugno. Anna, dopo avere terminato il suo turno in una fabbrica del Mendrisiotto e avere salutato le colleghe impegnate in uno dei tanti momenti di sensibilizzazione che si stanno tenendo sui luoghi di lavoro, si infila su un treno per Bellinzona, ma prima si ferma a Locarno. Nella città affacciata sul Lago Maggiore, Unia sta organizzando un’azione in via Ramogna, sul viale dei negozi, a due passi da Piazza Grande.


Chiara Landi, la responsabile del settore terziario del sindacato, è già lì pronta a dare voce «alla situazione di ingiustizia strutturale che ha degli impatti deleteri non solo sulle donne, ma sull’intera società».


Anna, con addosso la maglietta rosa, simbolo di questo giorno, si stringe attorno a Chiara e alle militanti raccolte in teloni bianchi dove sono scritte le rivendicazioni del terzo sciopero dopo quelli del 1991 e del 2019. Certo, la parità salariale, più tempo, più rispetto, ma anche politiche e mezzi che permettano di accudire alla famiglia senza essere penalizzate economicamente, il riconoscimento del lavoro invisibile, e stop al sessismo e al mobbing.


Due anziane sventolano il loro cartellone dove spicca un bel “vergogna!”, mentre l’orologio gira e si ferma sulle 15.24: in quel momento preciso un suono di fischietti inizia a vibrare nell’aria e a farsi sentire.

«Questa è l’ora in cui le donne, a causa della disparità salariale fra generi, smettono di essere pagate, ma continuano a lavorare. Uno scandalo cui mettere fine!» tuona la sindacalista.

 

Anna è lì a pochi passi, è emozionata, e sente di far parte di un momento storico, e prende anche lei il microfono: «Dobbiamo riprenderci tutto ciò che ci è stato sottratto nei tempi e che ancora oggi nel 2023 manca nonostante le lotte di molte donne prima di noi. Io non smetterò mai di far valere i miei diritti che tutti i giorni vengono calpestati!».


Intanto, nel resto del cantone stanno per concludersi le assemblee, le pause di lavoro prolungate, le proteste inscenate nelle scuole, ma anche in strada in una molteplicità di azioni che sono state portate nei posti di lavoro, di formazione e nelle pubbliche vie.


Dopo una mattinata intensa, a metà pomeriggio l’appuntamento si sposta a Bellinzona per dare forma, numero e colore allo sciopero che non è più solo delle donne, per le quali si reclama parità salariale, più tempo e più rispetto, ma femminista, e per questo più inclusivo, allargandosi anche alle persone intersessuali, non binarie, alla comunità LGBTQ+, ai migranti, ai disabili, a ogni gruppo che si sente discriminato nella società.


A Bellinzona Anna si ricongiunge con qualche collega, ma che sorpresa!, ma quanta gente c’è? Un’onda viola sta trasformando la cittadina sotto i castelli protetti dall’Unesco. Gli organizzatori parlano di 6mila partecipanti, noi non possiamo contarli, ma è un’invasione di donne, uomini, giovani, striscioni in un clima di festa e unione.

 

Tante magliette rosa, foulard viola colorano le strade della capitale dall’incrocio con largo Elvezia, su su fino a piazza Nosetto. Sul viale della Stazione i movimenti femministi gridano “basta sessismi, violenze e patriarcato”. Fiato ai polmoni colpo di mani sui tamburi, le musiche sono scelte, con “Run the world” si avanza verso la sede del governo ticinese dove è stato allestito il palco per i discorsi. E si canta... “governate il mondo, ragazze”.


«Ci vengono presentati studi fasulli per sostenere che la disparità non esiste, ma i dati statistici, in realtà, dimostrano che le donne ancora oggi guadagnano il 18% in meno rispetto agli uomini» spiega una militante del Collettivo organizzatore dello sciopero.


La rabbia è tanta anche per il futuro che attende le donne dopo una vita di lavoro dentro e fuori casa: «Percepiamo rendite del 34,6% inferiori a quelle degli uomini. Dopo la votazione AVS21, che ha peggiorato la vita delle donne, alzando il limite dell’età di pensionamento, ora dobbiamo fare i conti con un altro tentativo di riforma del secondo pilastro (LPP21) che, antisociale e inaccettabile, andrà a peggiorare le condizioni. Si dovrà lavorare di più per avere di meno: ma le donne come potranno vivere in una Svizzera definita in questo modo?» rilancia dal palco un’altra militante.


Per il sindacato Unia interviene Eleonora Failla, la presidente nazionale del Gruppo Donne, nonché mamma e lavoratrice, che solleva una delle rivendicazioni centrali della giornata di mobilitazione: il riconoscimento del lavoro invisibile, cioè «quel lavoro domestico, di cura dei figli e di assistenza ai familiari malati o bisognosi che, pur valendo 434 miliardi di franchi, viene retribuito con zero franchi ed è svolto nella misura del 60% da donne». Failla non molla, rincara, e dichiara l’urgenza di dare un riscontro tangibile a questo impegno, «e non domani o tra qualche giorno, ma ora, adesso, subito».


«Vero!». La sindacalista Chiara Landi, mentre ascolta i discorsi, commenta: «Non vogliamo più lavorare senza essere pagate. In Svizzera noi donne percepiamo 100 miliardi di franchi in meno di reddito rispetto agli uomini, svolgiamo miliardi di ore all’anno di lavoro gratuito per accudire i figli e la casa. Compiti che hanno un valore di miliardi a livello nazionale e non ci vengono riconosciuti».


Sul palco continuano a darsi il cambio le rappresentanti di vari gruppi e comunità, mentre ci si scalda in vista dei concerti che, in un grande momento di festa, andranno a chiudere il terzo sciopero femminista della storia svizzera.


Passa in quel momento Anna, sfinita ma felice, e la salutiamo. «È qualcosa che può sembrare semplice, ma non lo è: ci vuole coraggio e determinazione» commenta Alessandro Brenna, di Unia, guardando in direzione dell’operaia. Il funzionario sindacale nella prima metà della giornata ha coordinato una serie di azioni in alcune industrie tessili e orologiere del Mendrisiotto: «In ambito aziendale, entrare nelle fabbriche con delle azioni non è mai scontato per il sindacato e l’accoglienza che ci è stata riservata dalle lavoratrici ci incoraggia».


Il 14 giugno è arrivato chiaro e forte alla Consitex di Stabio: nella fabbrica tessile Unia ha incontrato le operaie in mensa e con loro ha parlato di quello che stava succedendo nella rivendicazione di migliori condizioni per tutte le donne: «Momenti intensi e una volta rientrate in reparto le operaie della Consitex hanno continuato a partecipare, a farsi sentire, inviando le foto di loro al lavoro con la maglietta rosa dello sciopero» continua Alessandro.


Le azioni sui posti di lavoro sono continuate alla Riri («abbiamo allestito un tavolo, distribuito materiale informativo e offerto da mangiare e bere a chi voleva unirsi con noi nella riflessione delle rivendicazioni. Anche qui è stato un momento molto sentito al quale ha partecipato la quasi totalità delle 220 operaie della ditta») e alla Swatch («siamo stati accolti molto positivamente e le lavoratrici erano contente di sentire che si stava lottando anche per loro»).
Alessandro racconta anche di quelle lavoratrici della fabbrica Akris, che si sono messe alle finestre, picchiando sui vetri, per richiamare l’attenzione dei sindacalisti: «Siamo riusciti a fargli avere le magliette dello sciopero, che hanno indossato per lavorare».


Presenti all’appello anche le commesse Coop, riunite in assemblea nelle sedi di Unia a Manno e a Castione, dove hanno adottato una piattaforma di rivendicazioni.


Attività che sono state il frutto, per dirla con Giangiorgio Gargantini, di un lungo percorso di coinvolgimento nella campagna preparatoria con le lavoratrici nei settori a maggioranza femminile come l’industria e il commercio al dettaglio. «Nei mesi precedenti il 14 giugno le lavoratrici sono state implicate in numerosi momenti assembleari, che hanno portato alla definizione su base collettiva di rivendicazioni specifiche per ciascun settore e azienda. Il vivo protagonismo nella giornata dello sciopero manifestato da queste donne, potenzia la spinta a proseguire l’impegno nella lotta sindacale e femminista» evidenzia il segretario di Unia Ticino e Moesa.


Chiara Landi è soddisfatta: «Migliaia di persone e di lavoratrici sono state implicate in questa giornata di lotta. Se ne faranno portavoce, e ogni persona che il 14 giugno si è mobilitata, si farà vettore di cambiamento».


raffaella.brignoni@areaonline.ch

 

Pubblicato il

23.06.2023 14:07
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