È indubbiamente azzardato ed offensivo accostare il Cile del colpo di Stato militare del 1973 alla Svizzera degli attacchi al sistema di sicurezza sociale del 2003. Azzardato perché le condizioni storiche, politiche e sociali fra i due paesi non sono paragonabili. Offensivo per le vittime cilene, uccise, torturate o costrette all’esilio, e per chi in Svizzera continua a proporsi quale profeta del neoliberismo, con in testa il consigliere federale Pascal Couchepin: che avrà pure mire da imperatore, ma non è di certo un dittatore come Pinochet. Fatta questa premessa si deve però constatare che i continui attacchi allo Stato sociale che viviamo oggi in Svizzera derivano appunto da quella matrice neoliberista che già marchiò il golpe cileno dell’11 settembre 1973. Anzi, è proprio da quel colpo di Stato che il grande capitale iniziò la sua lunga crociata per abbattere le garanzie sociali e dunque il costo del lavoro a suo esclusivo vantaggio. In precedenza infatti, e dal secondo dopoguerra in poi, v’era stata una generale tendenza al progressivo miglioramento delle condizioni d’impiego e di vita dei lavoratori dipendenti e delle loro famiglie. Il golpe formalmente guidato da Pinochet contro le riforme del governo di Unità popolare guidato da Allende fu la prima, importante cesura in questo processo, il primo passo indietro. E fu la prima dimostrazione che la storia dei rapporti sociali può anche marciare a ritroso: che non è detto una volta per tutte che l’obiettivo debba essere la solidarietà e la giustizia sociale. Il salto di qualità avvenne poi con Ronald Reagan e Margareth Thatcher, che per primi imposero il dogma liberista alle democrazie occidentali. La Svizzera del 2003, malgrado gli evidenti sfracelli di quel dogma a cominciare dagli Usa e dall’Inghilterra, è pienamente investita proprio da quel gelido vento di deregolamentazione esasperata e di dimissione dello Stato dal suo ruolo di regolatore dei rapporti sociali. È su questo sfondo che si svolgono le elezioni federali di ottobre. Sono, come ha evidenziato il Congresso di Locarno del Partito socialista ticinese, elezioni decisive per il futuro della Svizzera. Dall’argine che la sinistra saprà costruire contro la debordante arroganza della destra padronale e nazionalista dipenderanno la tutela della dignità del lavoro, il futuro della giustizia e della sicurezza sociali, la solidarietà fra ricchi e poveri, fra sani e ammalati, fra centro e periferia, la quantità e la qualità dei servizi pubblici, e così via: l’elenco potrebbe continuare a lungo. Ecco perché proprio oggi non è il caso di dimenticare la lezione cilena.

Pubblicato il 

05.09.03

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