Affari nostri

Ognuno ha le sue perversioni. Fra le mie, confesso quella di imbracciare la tastiera del computer per scrivere fumanti seppur cortesi lettere di protesta a gestori di telefonia e affini. Abito nella Svizzera tedesca, sicché l’incipit è invariabilmente Sehr geehrte Damen und Herren, egregi signore e signori. Lo faccio nel tempo libero, magari in una grigia domenica mattina bernese. C’è che ritengo salutare opporsi alle piccole prepotenze quotidiane. In particolare mi innervosisco quando ricevo lettere ipocrite, quelle scritte come se avessi vinto alla lotteria, “Siamo felici di annunciarle che”, ma se vai a leggere con un minimo di attenzione ti si rizzano i capelli in testa, perché non si tratta di un regalo bensì di abuso di potere.

 

L’ultima della serie l’ho spedita a Swisscom. Le eccellenti associazioni per i diritti dei consumatori hanno infatti messo in guardia che il colosso nostrano ha cambiato le regole del gioco e scommetto che pochi se ne saranno accorti. C’è che noi, utenti bovini, non ci rendiamo conto di ogni riga e comma modificati. E vige il silenzio assenso – se non ti fai viva, sei d’accordo. Stavolta Swisscom ha cambiato le condizioni contrattuali per aggiungere pregnanti righe con le quali la autorizziamo a raccogliere e utilizzare i nostri dati sostanzialmente senza limiti, e a condividerli con suoi partner in affari.

 

Le nuove regole entrano in vigore il primo ottobre. Il cambiamento è stato introdotto in coppia con un altro che castiga persone anziane e poco digitali. Fattura mensile cartacea: 2,90 franchi. La paghi in Posta? Altri 3 franchi. L’azienda si è difesa dicendo che però da ottobre nei suoi negozi puoi pagarla gratis. Gentili e disinteressati, fosse mai che visto che sei lì ti venga voglia di comprar qualcosa? Sicché a fine giugno imbraccio la tastiera e utilizzo la lettera-modello messa a disposizione dal Konsumentenschutz. Con la missiva, mittente mio marito al quale è intestato il nostro abbonamento di cellulari, linea fissa e televisione, rigettiamo la modifica ed imponiamo alla ditta di cancellare ogni dato finora raccolto. Informazioni accumulate in prospettiva di cambiamenti la cui portata è incerta per l’utente, chiara per l’azienda: si tratta di fare (ancora) più profitto. Soddisfatta stampo, faccio firmare al coniuge e invio per raccomandata.

 

Tutto bene? Mica tanto. Dopo quattro settimane arriva la risposta di Swisscom. Egregio, abbiamo modificato la gestione dei suoi dati personali secondo il suo desiderio. La preghiamo però di prendere conoscenza del fatto che rinunciando allo sfruttamento dei suoi dati personali – e qui parte il grassetto – rinuncia ad ogni offerta di sconto personalizzata, alle nuove offerte promozionali e a notizie di novità relative ai nostri prodotti. In soldoni: punizione! E come se non bastasse, la chiusa è criptica. In carattere più grande, il linguaggio è da iniziati. “PS: Nel caso abbiate ricevuto in maggio le condizioni modificate, esse entreranno come annunciato in vigore il primo ottobre. Purtroppo, in base al contratto per Lei attualmente valido, non può far valere le condizioni finora previste”. Ho letto dieci volte questo post scriptum. Continuo a non capire. Oggi è domenica e a Berna fa già freschino. Imbraccio la tastiera e scrivo al Konsumentenschutz. Sehr geehrte Damen und Herren…  

Pubblicato il 

12.09.19

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