Sono apparsi in tribunale a Mosca i quattro terroristi che avrebbero ucciso 137 persone, mentre centinaia sono ancora i feriti e i dispersi, nell’attentato del 22 marzo scorso alla Crocus City Hall a Krasnogorsk, nella periferia settentrionale della capitale russa. Si tratta di Dalerdzhon Mirzoyev, Saidakrami Rachabalizoda, Shamsidin Fariduni e Muhammadsobir Fayzov. Dalle immagini diffuse dai media russi i quattro, di nazionalità tagika, hanno subìto violenze e maltrattamenti durante interrogatori brutali in cui uno di loro avrebbe subìto anche scosse elettriche. Farebbero parte della cellula afghana dello Stato islamico nel Khorassan (ISIS-K) che ha rivendicato l’attentato e diffuso video della sparatoria. Secondo l’agenzia russa Tass, due dei quattro arrestati avrebbero ammesso la loro colpevolezza.

 

Un pretesto per alimentare la guerra in Ucraina

In un discorso televisivo nella serata di lunedì, il presidente russo, Vladimir Putin, ha confermato le responsabilità degli islamisti radicali nell’attentato, aggiungendo che non è chiaro “chi lo ha ordinato” e confermando che è “parte degli attacchi di Kiev alla Russia”. In un precedente discorso, 19 ore dopo l’attentato, Putin aveva parlato di una “finestra” che avrebbe portato gli attentatori a fuggire in territorio ucraino. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si è rifiutato di rilasciare commenti sostenendo che le indagini sono ancora in corso e che, a causa delle tensioni internazionali, c’è una limitata collaborazione tra paesi nella lotta al terrorismo.

 

Gli arresti da parte dei Servizi di sicurezza federali russi (FSB) sarebbero avvenuti, secondo le autorità di Mosca, lungo la strada che porta dalla capitale russa in Ucraina nella regione di Bryansk. Le accuse di coinvolgimento negli attentati sono state duramente rispedite al mittente dalle autorità di Kiev, colpita da massicci attacchi russi con missili ipersonici nelle ultime 48 ore. Come se non bastasse, un missile russo, diretto in Ucraina, ha violato per pochi secondi lo spazio aereo polacco la scorsa domenica.

Stati Uniti e Gran Bretagna avevano avvertito a inizio marzo della possibilità di attentati in Russia, in vista del voto per le presidenziali del 17 marzo che ha visto la schiacciante affermazione di Putin. Le autorità russe avevano minimizzato gli avvertimenti parlando di propaganda occidentale. La portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa, Adrienne Watson, ha confermato che l’ISIS è il “solo responsabile degli attacchi” e che non esiste alcun coinvolgimento ucraino. Le autorità francesi e di altri paesi europei, dopo l’attentato, hanno innalzato al massimo l’allerta contro il terrorismo. Non solo, il presidente, Emmanuel Macron, ha confermato che vari tentativi di perpetrare attentati da parte del gruppo che ha colpito a Mosca sono stati sventati in Francia negli ultimi mesi.

 

Tra lutto e foreign fighters

Continuano le ricerche dei dispersi tra le macerie della Crocus City Hall, data alle fiamme dai terroristi e che non sarebbe stata presidiata da forze di sicurezza in assenza di metal detector nel giorno dell’attentato. Mentre domenica scorsa è stata una giornata di lutto in Russia dove da due giorni si succedono falsi allarmi bomba.

Tuttavia, le informazioni che arrivano da Mosca sulle biografie degli attentatori sono ancora lacunose. Secondo i media russi, si tratterebbe di terroristi stranieri che avevano passato un periodo di tempo in Turchia, paese dal quale hanno raggiunto la Russia a inizio marzo. I video dei terroristi, mostrati dalle televisioni russe raccontano di giovani uomini disagiati, senza lavoro, che hanno deciso, per circa 5mila euro, di compiere uno degli attentati più gravi, rivendicati dallo Stato islamico (ISIS), dal 2015 in poi. Questo di sicuro significa che i jihadisti di ISIS, dopo l’ultima sconfitta subita in Siria, con l’azione determinante russa in favore di Bashar al-Assad e della coalizione internazionale, a Baghuz nel 2019, cinque anni fa, sono ancora capaci di perpetrare azioni su larga scala. E quindi l’attentato di Mosca potrebbe spiegarsi con l’impegno russo anti-ISIS in Siria. Ma non solo, le due guerre russe in Cecenia (1994 e 2009) e l’odio innescato dall’invasione sovietica dell’Afghanistan potrebbero essere altri fattori che hanno avuto un peso negli attacchi.

 

ISIS-K a caccia di jihadisti in Asia centrale

Il più recente attentato, il 3 gennaio scorso, rivendicato da ISIS-K, ha causato la morte di oltre cento persone, tra i sostenitori del regime, a Kerman in Iran. Anche in questo caso uno dei due terroristi, che si è fatto saltare in aria, era tagiko. Le due esplosioni hanno avuto luogo nel quarto anniversario dall’uccisione a Baghdad, per mano degli Stati Uniti, del generale, a guida delle brigate al-Quds, Qassem Soleimani. Come avviene sempre più di frequente, i jihadisti di questo gruppo sono stati reclutati e si sono radicalizzati in Asia centrale.

 

Gli attacchi di ISIS contro l’Iran sono stati causati principalmente dall’influenza crescente che l’Iran, insieme a Mosca, ha nella regione, dalla Siria all’Iraq fino all’Afghanistan. Teheran ha così potuto usare la carta del terrorismo per giustificare il suo rinnovato impegno militare in Medio Oriente, culminato nell’attacco con l'uso di droni, di produzione iraniana, simili a quelli forniti a Mosca e usati nella guerra in Ucraina, contro la base (Torre 22) Usa al confine tra Giordania e Siria che lo scorso 28 gennaio ha causato la morte di tre soldati Usa, innescando raid israeliani e statunitensi di contenimento dell’Iran in Siria e in Iraq.

 

ISIS-K aveva rivendicato anche l’esplosione in volo dell’Airbus A321 della Metrojet nel 2015. L’attentato venne attribuito al ramo locale dello Stato islamico nel Sinai, Beit al-Meqdisi. E permise al presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, di avere carta bianca nell’applicare misure repressive, facendo ricorso allo stato di emergenza. Così come potrebbe avvenire in Russia nelle prossime settimane, dopo l’uccisione in carcere dell’oppositore politico, Alexei Navalny, in circostanze da accertare ma che puntano direttamente il dito sulle responsabilità delle autorità russe. Putin potrebbe così approvare nuove misure restrittive, con l’introduzione della pena capitale per reati di terrorismo, in un paese già segnato da una gravissima erosione dei diritti in nome del populismo

Pubblicato il 

26.03.24
Nessun articolo correlato