I ritmi del settimanale non mi permettono di commentare il risultato dell'elezione del nuovo presidente Usa, ma solo di proporre qualche riflessione che abbia valore sia prima che dopo l'annuncio del risultato dello scrutinio. I media europei hanno seguito con attenzione ed interesse la campagna americana notando che Obama si è preso persino la briga di venire a Berlino per convincere gli americani residenti in Europa a votare per lui, mentre McCain non si è scomodato. Questo nostro interesse per lo scrutinio è dovuto in gran parte all'idea ancora molto diffusa secondo cui il presidente degli Stati Uniti sarebbe una specie di "padrone del mondo" anche se non ha poteri assoluti.
Stavolta però mi sembra che la percezione cominci a cambiare. Le Olimpiadi ci hanno ricordato che la Cina sta affacciandosi sulla terrazza del mondo e voglia far valere una sua funzione se non dominatrice perlomeno molto influente. La Russia da parte sua non sta a guardare e non ammette ingerenze nella gestione dei conflitti alle frontiere del suo impero. In altre parole: il muro di Berlino è caduto da tempo e si è passati da un equilibrio tra le due potenze mondiali dapprima ad una prevalenza Usa. Quest'ultima è comunque durata poco, anche perchè gli esempi messi in vista, non hanno avuto alcuna credibilità: la guerra irakena è stata voluta da Bush con un atto elitario che non ha convinto nessuno tranne i suoi più diretti collaboratori ed il ruolo Usa in medio oriente non ha sortito nessun effetto pacificatore.
Gli Stati Uniti non sono più dunque gli arbitri della pace mondiale, ma al massimo la più forte potenza tra varie altre che pure cercano una egemonia parziale ma reale. Questo complesso processo che si svolge sotto i nostri occhi non dovrebbe rallegrarci. Mancando infatti il gendarme del mondo molti si ritengono legittimati a produrre guerre regionali senza che intervenga nessuno. Le missioni Onu sono sì presenti almeno là dove il conflitto è maggiormente sanguinoso, ma le loro competenze sono molto limitate (Kouchner se n'è lamentato proprio in questi giorni in Africa).
Se chi legge area sarà contento del fatto che Obama abbia vinto le elezioni americane (penso proprio di poter azzardare questa prognosi), evitando così una continuità nella prevalenza del fondamentalismo alla texana, non dovrà comunque pensare che i disequilibri mondiali cambino di colpo.
Il disordine mondiale continuerà, sia nel settore finanziario ed economico, che in quello dei rapporti tra gli Stati. Ci aspetta un impegno da rinnovare continuamente, coscienti della complessità dei fenomeni che ci attorniano, ma al contempo consci del fatto che l'assetto del mondo è dato anche da una somma di piccole volontà individuali. Nessuno di noi può sottrarsi.

Pubblicato il 

07.11.08

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