È stato battezzato "il giorno X" e cade il 20 febbraio 2024. Si tratta con elevata probabilità dell'ultima stazione del tormentato percorso di Julian Assange nel sistema giudiziario del Regno Unito. Una corte dovrà pronunciarsi sulla sua richiesta di poter fare appello alla decisione di estradarlo negli Stati Uniti, dove lo attenderebbero fino a 175 anni di carcere. Nel giorno X, saranno esaurite tutte le strade all'interno dei tribunali britannici e resterà solo la Corte europea dei diritti umani, una carta difficile da giocare.

 

Il fondatore di Wikileaks compie a primavera cinque anni trascorsi nel carcere di Belmarsh, alla periferia di Londra. È la prigione destinata a chi ha ucciso o compiuto un attentato, non per niente la chiamano "la Guantanamo britannica". Assange, com'è noto, non ha ammazzato nessuno. Il suo "crimine": aver rivelato attraverso pubblicazioni giornalistiche, clamorosi scoop a colpi di prove inconfutabili e infatti mai smentiti, i crimini di guerra perpetrati dagli Stati Uniti - in particolare in Afghanistan e in Iraq. Ma anche il dietro le quinte della geopolitica, grazie ad una gragnuola di cabli diplomatici tuttora disponibili in rete.

 

Il potente apparato dei servizi segreti e dell'industria della guerra non gli ha perdonato l'affronto, e tanto meno "Vault 7", il progetto che ha esposto il pervasivo sistema spione globale grazie al quale Washington controlla persino le comunicazioni dei capi di Stato.

 

Il caso dell'australiano continua a lasciare a bocca aperta chiunque si interessi di giustizia e di libertà di stampa: con la sua tessera da giornalista e centinaia di premi al merito, è sepolto vivo in un carcere, in isolamento fino a 23 ore al giorno, senza mai essere stato condannato. E questo, in una delle capitali del continente Europa. Chiamatela democrazia.

 

La preparazione del giorno X va avanti da mesi e pochi giorni fa ha portato al Club de la Presse di Ginevra il caporedattore di Wikileaks, Kristinn Hrafnsson. L'islandese ha raccontato la sua personale parabola. Era un documentarista d'inchiesta, inviato in zone di guerra. L'incontro con Assange gli ha cambiato la vita, portandolo ad abbandonare i media mainstream e a buttarsi nell'avventura di Wikileaks, la creatura che ha innovatoil giornalismo investigativo mondiale. Prima della nascita del progetto, infatti, chi si occupa del settore lavorava ognuno per sé e per il suo media. L'idea rivoluzionaria di Assange ha portato nelle redazioni il concetto di collaborazione fra pari. Ne sono nate inchieste pubblicate in contemporanea in tante lingue e su centinaia di piattaforme diverse.

 

Hrafnsson ha ricordato che sono ormai 13 anni, che va avanti la persecuzione di Assange. A chi gli ha chiesto se ha paura per la sua vita, ha risposto che al limite teme per la propria salute mentale, perché ogni giorno si sveglia con il terrore che il suo collega e amico muoia in carcere, o si ritrovi in catene su un aereo per gli Stati Uniti. All'evento ha partecipato il segretario generale di Reporters sans frontières Svizzera, Denis Masmejan, che ha sottolineato il pericolo per il giornalismo mondiale. Se passa il principio che si può essere estradati in un paese terzo per avere pubblicato delle inchieste, ogni cronista è a rischio. Il 20 febbraio in tutto il mondo ci saranno manifestazioni pubbliche. In Svizzera, l'appuntamento è a Berna: alle 16:30 a Helvetiaplatz.  

 

 


Pubblicato il 

19.02.24

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