Dolce casa

L’acquisizione di Credit Suisse da parte di Ubs ha fatto sì che il portafoglio immobiliare della nuova banca sia diventato il più grande in Svizzera, superando quello della società di assicurazione Swiss Life.
Il nuovo istituto può ora contare un patrimonio di oltre 50.000 appartamenti per un valore di 38,2 miliardi di franchi svizzeri. Con queste cifre, Ubs supera di gran lunga i 39.000 alloggi di Swiss Life e arriva a controllare circa il 54% del patrimonio netto di tutti i fondi immobiliari in Svizzera.


I cosiddetti investitori istituzionali sono ormai diventati la parte dominante tra i proprietari immobiliari. Se nel 1946 possedevano il 20,8% degli immobili, nel 2021 ne possedevano il 56,3%. Di conseguenza, i proprietari privati, di pubblica utilità e le cooperative di abitazione sono passati, nel loro insieme, dal 79,2 al 43,7%.


Questa concentrazione di proprietà può solo preoccupare le inquiline e gli inquilini. Infatti, più è “grande” il proprietario e più si perde la possibilità di avere un rapporto diretto tra lui e chi occupa la proprietà. Inoltre, e questo è il vero dramma, proprietari di queste dimensioni hanno un solo obiettivo: massimizzare i rendimenti con operazioni immobiliari puramente speculative.


Forse ricorderete un mio contributo apparso su queste colonne nel numero 15 dell’8 ottobre 2021, dove vi parlavo di una votazione popolare avvenuta a Berlino con la quale si è deciso “che l’ente pubblico possa espropriare le società immobiliari che possiedono più di 3.000 appartamenti, riconoscendo loro un compenso al di sotto del valore di mercato. Le abitazioni così acquisite verrebbero quindi trasferite a una società di diritto pubblico senza scopo di lucro che le gestirebbe secondo dei principi di solidarietà e uguaglianza, con la partecipazione della cittadinanza e degli inquilini stessi”.


Qualcosa di simile sta avvenendo anche in Svizzera. Negli scorsi mesi è stata lanciata una petizione per chiedere che il “patrimonio immobiliare della Credit Suisse Funds AG e delle sue filiali [vengano] socializzati […] L’obiettivo è quello di garantire a lungo termine spazi abitativi e lavorativi a prezzi accessibili per la popolazione”. Stiamo parlando di circa 23.000 appartamenti e di 2 milioni di metri quadrati di spazi commerciali in tutta la Svizzera.


La socializzazione dovrebbe avvenire in due fasi: 1) nazionalizzare tutte queste proprietà in modo da sottrarle all’acquisto da parte di Ubs; 2) avviare “un processo partecipativo attraverso il quale le proprietà verranno socializzate. In un processo democratico e con il coinvolgimento degli attori interessati […] si deciderà come e in che forma trasferire gli immobili alla proprietà comune”.


Sappiamo bene che questa petizione non avrà nessun successo. Il Consiglio federale ha già risposto picche a una mozione della socialista Jacqueline Badran che chiedeva “di presentare senza indugio un atto normativo che conceda e assicuri all’ente pubblico un diritto di prelazione sui fondi e sugli immobili direttamente o indirettamente di proprietà di Credit Suisse o della neoproprietaria Ubs”. Ma almeno il dibattito si è aperto e la forza di questa petizione potrà avere un’influenza positiva sulle battaglie politiche che nei prossimi mesi vedranno come protagonisti gli inquilini e le inquiline del nostro paese.

Pubblicato il 

31.08.23
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