“Questa è una macchina da guerra fuori controllo più che in ogni altro conflitto”. Sono le parole di Jan Egeland, guida del Consiglio norvegese per i rifugiati che pochi giorni fa aveva incontrato a Gaza gli operatori dell’Ong World Central Kitchen (WCK). Sette lavoratori della WCK, fra cui tre inglesi, un polacco, un canadese-statunitense e un palestinese, sono stati uccisi da un raid dell’esercito israeliano a Gaza martedì. Il convoglio dell’Ong, composto da tre vetture, è stato attaccato sulla strada costiera di Gaza dopo aver consegnato cento tonnellate di aiuti umanitari a Deir al-Balah. La consegna di aiuti è avvenuta in coordinamento con l’esercito israeliano. Il premier inglese, Rishi Sunak, ha condannato l’attacco, mentre Polonia e Gran Bretagna hanno convocato i rispettivi ambasciatori israeliani. L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNRWA) ha manifestato preoccupazione per i danni che questi raid provocheranno all’intera macchina degli aiuti, attiva tra mille difficoltà nella Striscia.

 

Nella guerra a Gaza hanno perso la vita fino a questo momento 196 operatori umanitari, secondo l’Aid Worker Security Database, tra di loro 174 lavoravano per le Nazioni Unite mentre Medici senza frontiere ha denunciato l’uccisione di almeno cinque componenti del suo staff, insieme ad alcuni loro familiari. Secondo uno dei coordinatori degli aiuti, Jamie McGoldrick, “non si tratta di un incidente isolato perché non esistono posti sicuri a Gaza”.

Secondo il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, il convoglio è stato colpito “non intenzionalmente”. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha annunciato che sarà creato un “team investigativo” per stabilire le responsabilità dell’attacco. Come se non bastasse, proseguono le proteste anti-governative a Tel Aviv. Tra le richieste dei contestatori figurano le dimissioni di Netanyahu ed elezioni anticipate.

Nei giorni scorsi il parlamento israeliano aveva approvato una legge che permette al governo di chiudere il canale televisivo, con sede in Qatar, al-Jazeera per oscurare qualsiasi opinione critica del genocidio in corso a Gaza. I giornalisti della rete del Qatar, finanziata dai Fratelli musulmani, sono tra i pochi ad essere rimasti nella Striscia dopo il 7 ottobre. Almeno 138 sono i giornalisti uccisi dall’esercito israeliano dall’inizio del conflitto.

 

Da Damasco la possibile escalation del conflitto

La guerra in corso a Gaza sta alimentando anche la guerra per procura in Medio Oriente. Un raid israeliano lo scorso lunedì ha colpito il consolato israeliano nel quartiere di Mezzeh a Damasco uccidendo 13 persone. Tra di loro si trovavano anche sette ufficiali delle guardie rivoluzionarie iraniane, tra cui uno dei comandanti delle milizie al-Quds, Mohammad Reza Zahedi, e il suo vice, Mohammad Haji-Rahimi. 

L’ambasciatore iraniano, Hossein Akbari, ha confermato che gli F-35 israeliani hanno “brutalmente colpito la sua residenza e il consolato” iraniano. Il ministro degli esteri siriano, Faisal Mekdad, ha parlato di “efferato attacco terroristico”, mentre di “violazione delle convenzioni internazionali” ha parlato il ministro degli esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian. “L’America deve essere ritenuta responsabile dell’attacco”, ha aggiunto Abdollahian, mentre il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha assicurato che “il crimine codardo non rimarrà senza risposta”.

Lo scorso venerdì un attacco simile a Damasco aveva causato 53 vittime, tra cui 38 soldati siriani e 7 membri del movimento sciita libanese Hezbollah. Israele aveva già colpito la Siria e il Libano dopo l’inizio della guerra a Gaza, uccidendo tra gli altri lo scorso 25 dicembre il consigliere delle milizie al-Quds, Razi Mousavi, il 2 gennaio scorso uno dei leader di Hamas a Beirut, Saleh al-Arouri, e pochi giorni dopo il comandante di Hezbollah, Wissam Hassan al-Tawil.

 

Le Nazioni Unite chiedono il cessate il fuoco immediato

La scorsa settimana, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva approvato una risoluzione che chiede il cessate il fuoco immediato a Gaza, con l’astensione degli Stati Uniti. Nella risoluzione si fa anche riferimento alla richiesta di un rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi. Dopo numerosi tentativi, fermati da Washington, è la prima volta che le Nazioni Unite chiedono un cessate il fuoco a Gaza. L’approvazione della risoluzione ha evidenziato le crescenti divergenze tra Stati Uniti e Israele sulla guerra nella Striscia, che ha causato finora oltre 33mila morti, soprattutto donne e bambini, in particolare in merito a una possibile invasione di terra a Rafah. Il Segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto che la risoluzione venga attuata immediatamente. Guterres si era recato al valico di Rafah in Egitto, chiuso per i feriti palestinesi, chiedendo di “mettere a tacere le armi”

Pubblicato il 

03.04.24
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