Il portaledi critica socialee del lavoro
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“Ma cosa volete che sia una mezz'oretta in più al giorno?” Sarà con questo ritornello che i fautori delle aperture prolungate dei negozi cercheranno di convincere i ticinesi della bontà della nuova legge che il Gran Consiglio (salvo sorprese) dovrebbe varare settimana prossima e che appunto prevede per i giorni feriali l'abbassamento delle serrande alle 19 anziché alle 18.30. In realtà questo è solo un dettaglio: la posta in gioco è ben più alta, sia per i lavoratori della vendita sia per i cittadini comuni, perché con questa operazione la destra nostrana (un po' per ideologia, un po' per fini elettorali) mira ad una liberalizzazione selvaggia dalle conseguenze incalcolabili, per esempio per la salute delle persone.
14 è una cifra indicativa dello stato del mondo del lavoro cantonale e dell’intervento statale. È il numero dei contratti normali di lavoro decretati dal governo cantonale in settori dove è stato comprovato il dumping salariale. Su questa involuzione, abbiamo posto alcune domande a Laura Sadis, che dopo otto anni a capo del Dipartimento finanze ed economia, ha deciso di non ripresentarsi alle prossime elezioni di aprile.
E due. Il Tribunale di appello ha confermato la sentenza del primo giudice, il pretore Francesco Trezzini, nella quale Adecco è stata condannata a pagare la differenza salariale tra l’importo allegato alla richiesta di permesso e quello realmente versato.
Una sentenza importante perché destinata a far giurisprudenza, aprendo nuovi scenari nella lotta al dumping. Prosegue intanto l’indagine della Procura sull’ipotesi di falsità in documenti contro Adecco, avviata sei mesi or sono.
La pubblicazione delle statistiche sul commercio di oro conferma il ruolo preponderante della Svizzera nel commercio del metallo giallo con il Sudafrica dell’apartheid. Tre righe. È la lunghezza del comunicato stampa con cui, venerdì 27 febbraio, l’Amministrazione federale delle dogane (Afd) ha annunciato la fine di uno dei più grandi segreti di Stato del nostro Paese. Dopo oltre trent’anni di opacità, sono state rese pubbliche le statistiche del commercio di oro tra la Confederazione e il resto del mondo tra il 1982 e il 2013. Una notizia passata in sordina, dispersa nel flusso della comunicazione burocratica. Eppure si tratta di un fatto importante, che permette di fare un po’ più di chiarezza attorno ad una delle pagine più deplorevoli della recente storia elvetica. Riemergono infatti i legami oscuri tra la Svizzera, le sue banche e il Sudafrica dell’apartheid, all’epoca principale produttore mondiale di oro.
«Che ne è stato dei tessili raccolti? La risposta è semplice: sono stati venduti». La risposta è talmente semplice nella sua ovvietà che ci stupiamo di... stupirci. Forse i nostri lettori sono meno ingenui di noi e già lo sanno che i vestiti usati messi nel sacco vanno a finire solo in minima parte ai bisognosi. Di più: che i nostri abiti fuori moda vengono smerciati e venduti ai poveri dell’Africa e dell’Europa dell’est. Per pochi centesimi. Che morti di fame (noi, non loro).Il destino dei vestiti messi nel sacco? Basta andare sul sito di Texaid, l’azienda svizzera leader nella raccolta dei tessili usati, per capire come è organizzato il business degli stracci. Sì, perché i cenci muovono soldi à gogo e c’è chi venderebbe sua madre al diavolo per aggiudicarsi la location migliore all’ecocentro per posizionare il proprio loculo raccogli-panni.
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