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Crisi economica

La snervante attesa degli indipendenti

Migliaia di richieste d'indennità perdita di guadagno aspettano le decisioni di Berna

di

Francesco Bonsaver

«A oggi, la nostra cassa Avs ha ricevuto circa 10'000 richieste d’indennità perdita di guadagno a causa del Coronavirus da parte di indipendenti (circa il 60% degli affiliati). Deve però considerare che in Ticino operano molte casse Avs professionali, pertanto il nostro è solo un dato parziale», spiega ad area Sergio Montorfani, direttore dell’Istituto delle assicurazioni sociali del Dss, a cui compete la responsabilità della Cassa Compensazione cantonale dell’Avs.

 

Si possono dunque stimare ad almeno 15 mila le persone che nel solo Ticino aspettano dei fatti alla promessa del Consigliere federale Guy Parmelin, capo del Dipartimento dell’economia, di voler estendere le indennità perdita di guadagno (Ipg) agli indipendenti a causa del virus. Una promessa datata 20 marzo, ma i cui dettagli di realizzazione pratica tardano ad arrivare.


In molti speravano arrivassero nella conferenza stampa di Berna dello scorso mercoledì, ma Parmelin si è limitato ad annunciare una possibile soluzione  “entro mercoledì prossimo”, ossia l’8 aprile. Nel frattempo migliaia di persone continuano a vivere nell’incertezza e nella disperazione economica di queste settimane. Gli indipendenti costituiscono un nervo importante del tessuto economico e sociale elvetico. Con le sue 324'909 aziende, in Svizzera la ditta individuale è la forma giuridica più comune. In Ticino corrispondono a circa 25 mila aziende. Migliaia di persone che devono far fronte a costi fissi importanti, quali l’affitto e leasing dei macchinari, senza alcuna entrata economica o fortemente ridotte da ormai diverso tempo.


Gli indipendenti ticinesi si aspettavano che il riconoscimento del Consiglio federale alla decisione cantonale di chiudere le autorità produttive e commerciali, sbloccasse lo stallo dell’Ipg. Purtroppo per loro, il via libera di Berna ha cancellato solo la minaccia federale del mancato riconoscimento del lavoro ridotto alle aziende e ai dipendenti, mentre la questione degli indipendenti resta sospesa. Teoricamente, lo scoglio della base legale per riconoscere il diritto all’Ipg in Ticino anche agli indipendenti, dovrebbe essere stato superato. La legge infatti prevede il riconoscimento della perdita di guadagno in caso di cessata attività dovuta a decisioni dell’autorità federale. La legittimazione federale allo stop cantonale, dovrebbe tecnicamente garantirne il diritto. Il problema è che manca l’applicazione della base legale.


Tutti i Cantoni infatti sono in attesa che Berna dia direttive concrete sull’erogazione delle indennità di perdita di guadagno per la categoria degli indipendenti. Una categoria molto variegata, con particolarità ed esigenze diverse. Giardinieri, falegnami, idraulici e tanti altri mestieri dell’artigianato, ma anche molto attivi nei servizi quali tassisti, parrucchieri, estetiste, fioristi, fotografi e in generale titolari di piccoli commerci. Tutte persone con l’acqua alla gola, vuoi per i costi fissi da sostenere e i mancati introiti. L'Ipg costituirebbe solo una boccata d'ossigeno, ma gli consentirebbe almeno di avere un minimo di reddito.

 

«Avendo diversi lavori aperti, non vengo ovviamente pagato finché non saranno completati - spiega un artigiano indipendente ticinese - « e naturalmente, non posso acquisirne altri». Il suo augurio, come tutti, è che l’emergenza sanitaria sia superata, così da poter riprendere l’attività. Ma anche il ritorno a pieno regime, lo inquieta in parte. «Per recuperare, ci sarà un enorme pressione a far lavorare a ritmi più che intensi, sette giorni su sette, notti comprese. Speriamo di non lasciarci in salute più di quel che siamo riusciti a risparmiarci con la tragedia attuale del virus».

 

Visioni sul futuro quali importanti spunti di riflessione sulla società del postpandemia. Nel presente intanto, un pezzo importante di popolazione rimane in attesa di risposte da Berna, mentre le fatture si accumulano.

Pubblicato

Venerdì 3 Aprile 2020

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Il commento
27.03.2020

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Oltre a dover affrontare l’emergenza sanitaria causata da una diffusione rapida, estesa e grave del coronavirus e a piangere il più alto numero di morti di tutto il paese, il cantone Ticino nell’ultima settimana ha dovuto sprecare energie per difendersi da inqualificabili attacchi provenienti da Oltralpe e per giustificare le misure restrittive adottate allo scopo di frenare la crescita dei contagi e dei decessi. La decisione del Consiglio di Stato, caldeggiata da medici ed epidemiologi e sostenuta da datori di lavoro e sindacati, di chiudere tutti i cantieri e tutte le attività produttive non essenziali ha mandato su tutte le furie i vertici nazionali delle organizzazioni padronali. Evidentemente più interessati a riaffermare il primato dell’economia su tutto, costi quello che costi, anche per la salute dei lavoratori e della popolazione tutta.

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